Rigassificatore, Menia "Sicurezza e ambiente"

Il progetto del rigassificatore sarà completato, migliorato, adeguato a tutte le normative europee e italiane. Un piano di emergenza per la sicurezza sarà «ovviamente» messo a punto e scritto «in ultimo sulla base della dettagliata progettazione finale». E' quanto assicura Gas Natural rispondendo così alle accuse dei docenti universitari
Gentile dottor Rumiz, sul Piccolo, del quale lei è autorevole firma, cortesemente mi ha chiesto di sciogliere i suoi «italianissimi, anzi triestinissimi» dubbi. Più che volentieri, latinamente le dirò che «dubitando ad veritatem pervenimus» e dunque entrambi facciamo cosa utile ad interrogarci e risponderci pubblicamente. E, nel risponderle, non posso che premettere che desidero scindere due aspetti: quello politico e quello istituzionale. Sotto il primo profilo, ben prima che mi trovassi a ricoprire una carica di governo, ho sostenuto la bontà della scelta di realizzare un rigassificatore a Trieste per una pluralità di motivi: risposta ad un’esigenza energetica di carattere nazionale che ha ricadute positive sul territorio.


Le ha bene indicate l’altroieri il sindaco dicendo che «in un’area inquinata da 50 anni, con la bonifica si ottengono tre vantaggi: indotto economico, catena del freddo, energia a buon prezzo». Sotto il profilo istituzionale, invece, ho ben presente quale sia il compito del ministero che rappresento e cioè quello di garantire la sostenibilità ambientale e la salute pubblica: non ho dunque dubbi nell’affermare che queste esigenze siano comunque pregiudiziali e non negoziabili rispetto a qualunque altra di carattere economico o politico. Ed in questo senso, desidero sottolineare che il ministero, i suoi esperti e i suoi funzionari, svolgano il proprio ruolo con trasparenza, passione, competenza e non sono accettabili allusioni, che in altre sedi si sono fatte, su falsificazioni o sottovalutazioni. Ciò premesso, inizierei dalla serie di questioni che a vario titolo si riferiscono al luogo scelto per la costruzione del rigassificatore e agli elementi connessi di rischio o pericolosità.


Le scelte progettuali per un impianto di rigassificazione off shore o on shore sono dettate da diversi aspetti, ambientali, tecnologici, funzionali che vengono in tutta evidenza valutati dal proponente il progetto stesso: a noi spetta verificarne la congruità in sede politico amministrativa e la compatibilità ambientale per ciò che riguarda il mio ministero. L’affermazione che il progetto «a terra» sia di «forma obsoleta» pare più una petizione di principio che non una affermazione basata sui fatti: Gas Natural possiede un know how consolidato sulla tecnologia degli impianti di rigassificazione, e comunque il decreto di Via richiede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili. E’ utile peraltro ricordare che tutte le amministrazioni del territorio avevano di fatto espresso comunque una chiusura piuttosto netta sull’ipotesi di un impianto in mezzo al golfo.


A proposito dei potenziali obiettivi sembrerebbe corretto parlare piuttosto di sorgenti di rischio: alcuni di essi, infatti, rientrano nell'ambito delle disposizioni della normativa Seveso (D.Lgs. 334/99 e s.m.). Gli impianti indicati sono stati oggetto di attente verifiche da parte degli organismi competenti e, in particolare, è opportuno precisare che la prefettura di Trieste ha già predisposto i cosiddetti Piani di emergenza esterni (Pee) per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi dell'art. 20 del citato decreto legislativo. Per quanto concerne l'inceneritore di Trieste, va precisato che questo non rientra nell'ambito di applicazione della normativa stessa. La futura centrale a turbogas, all'epoca degli studi sui rischi indotti dal rigassificatore in progetto, non era ancora stata prevista. Ovviamente, prima di ogni fase autorizzativa, anche preliminare, dell'impianto, gli organismi competenti provvederanno ad effettuare tutte le analisi di compatibilità previste dalle vigenti normative in materia.


Gli stessi organismi hanno preso in considerazione tutti gli scenari di rischio ritenuti credibili e, per ognuno di essi, sono state previste le necessarie misure di gestione delle eventuali emergenze e di tutela della popolazione, con specifico coinvolgimento di tutti gli organismi preposti (vigili del fuoco, Arpa, 118, polizia, carabinieri, ecc.). Infine, per quanto concerne i rischi connessi alla safety (sicurezza connessa con i rischi industriali e ambientali), va detto che tutta l'area del comprensorio industriale, e specificatamente i siti soggetti alla normativa Seveso, adottano delle puntuali procedure di security (sicurezza connessa con i rischi legati agli atti terroristici/vandalici) finalizzate alla prevenzione di ogni tipologia di atto vandalico in generale e terroristico in particolare.


Altro punto sollevato si riferisce alla presunta non considerazione dell’«effetto domino»: in ordine allo stesso va premesso che, in relazione all'applicazione dei disposti dell'art. 12 del D.Lgs. 334/99, il Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia (Ctr), all'atto della validazione dei Rapporti di sicurezza di tutti gli stabilimenti rientranti nell'ambito di applicazione dell'art.8 del decreto, ha accertato la non sussistenza di rischi di effetti domino nell'ambito dell'area industriale del Comune di Trieste e dei comuni limitrofi. In particolare, per ciò che riguarda il nullaosta di fattibilità, rilasciato in data 4 agosto 2005 dal ministero dell’Interno - Comitato tecnico regionale dei vigili del fuoco, in esso si esprime un parere favorevole condizionato con prescrizioni operative e si richiedono approfondimenti in sede di stesura del Rapporto definitivo di sicurezza, in particolare riguardo all’analisi relativa agli effetti domino conseguenti agli eventi incidentali considerati (interni ed esterni – navi metaniere) con analisi di impatto sia sulle altri parti dell’impianto che sul contesto territoriale.


Per rispondere con completezza alla domanda, voglio aggiungere che, se è ben vero che la cartografia allegata al progetto manca di dettaglio, non è vero che la Commissione Via «non si sia accorta di niente», bensì è prassi tecnica che le mappe allegate a progetti similari rappresentino la situazione analizzata sotto il profilo dei rischi correlati agli incidenti credibili alla scala più opportuna per la migliore comprensione; nello specifico, lo stabilimento «Seveso» più vicino è sicuramente la Dct SpA di Trieste che, in relazione agli eventi rappresentati, non viene coinvolta. Dalla terra spostiamoci ora al mare e veniamo alle obiezioni che riguardano gli aspetti ad esso connessi. Credo che, in proposito, più di ogni altro elemento valgano le prescrizioni imposte dal decreto di Via il cui giudizio favorevole di compatibilità ambientale prevede un sistema di monitoraggio e controllo come stabilito agli articoli 28 e 29 del Dl 152/2006.


In particolare «prima dell’inizio dei lavori, con spese a carico del proponente ed in accordo con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ed Arpa regionale per tempi e modalità di esecuzione, dovrà essere presentato un piano di monitoraggio, che preveda cinque stazioni di misura disposte su un transetto interno alla Baia di Muggia e cinque stazioni di misura su un transetto disposto nell’area di transizione tra la Baia di Muggia e il Golfo di Trieste; il monitoraggio dovrà essere aggiornato al riguardo dei parametri fisico, chimici, geochimici, biologici e degli organismi zooplantonici sia sulla colonna d’acqua che sui sedimenti. Tale piano dovrà essere messo in atto almeno un anno prima dell’inizio dei lavori e dovrà protrarsi durante la fase sia di cantiere che di esercizio. I risultati dei monitoraggi dovranno essere trasmessi annualmente sulla base dei monitoraggi che definiscono il quadro conoscitivo ante operam di cui alla prescrizione precedente.


Ispra ed Arpa regionale in accordo con il proponente dovranno definire valori di temperatura e cloro, in corrispondenza delle stazioni di misura sui due transetti, tali da rappresentare soglie di allarme per la conservazione della varietà biotica e per la perdita di biomassa fitoplanctonica. Prima dell’entrata in esercizio dovrà essere stipulato un Protocollo operativo tra Regione Fvg, Arpa, Ispra e il proponente, finalizzato alla definizione di procedure, tempi e modalità per la limitazione del processo di rigassificazione in caso di superamento dei valori soglia individuati.


E’ vero che vi sono anche inesattezze e imprecisioni nella documentazione prodotta da Gas Natural, ma la commissione che ha valutato il progetto le ha in tutta evidenza ritenute non in grado di determinare una bocciatura dello stesso. Posso convenire che sia poco logico richiedere mille bolli per una veranda a un privato, ma non è su banali questioni di forma che dobbiamo ragionare. Che la bora a Trieste non spiri a 36 km/h, ma piuttosto a 136 è pure fuor di dubbio, ma prendo in proposito in prestito quanto ha dichiarato il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli: «Le previste 120 gasiere portate al rigassificatore in un anno non sono niente, non interferiscono con i traffici, e la bora non ha mai fatto male a nessuna nave».


A proposito del porto e del traffico delle gasiere in particolare, l'eventualità di prevedere le zone di interdizione e di quantificarne l'estensione sarà sicuramente oggetto di analisi all'atto della già citata validazione del Rapporto di sicurezza relativo al rigassificatore da parte dell'autorità competente (Ctr). Considerato che l'impianto di Porto Viro (Rovigo) è off shore mentre quello di Zaule sarà on shore, è evidente che le aree di interdizione non siano tra loro confrontabili.


L'area di rispetto (non zone di interdizione) di 1,5 miglia marine del rigassificatore di Porto Viro è una conseguenza di valutazioni sulla probabilità di riconoscimento di un naviglio che si avvicina all'impianto; nulla a che fare con le norme di rispetto all'interno della zona portuale di Trieste dove sorgerà l'impianto di rigassificazione on shore. A proposito della sicurezza del traffico marittimo fa fede invece quanto dichiara l’autorità preposta, ovvero la Capitaneria di Porto di Trieste, il cui parere, reso in data 15 novembre 2006, prevede che il posizionamento del terminale Gnl è compatibile con le misure di sicurezza per la navigazione in ambito portuale con le seguenti argomentazioni:


Le aree per gli ancoraggi delle navi di tipo gasiero (ricompresse nella definizione di navi cisterna) non coincidono con le direttrici di traffico in entrata/uscita per/da il porto di Trieste; le modalità di effettuazione delle manovre di ingresso/uscita dal porto di Trieste, già in uso per le altre navi cisterna, sono applicabili anche alle metaniere, in quanto l’art. 6 dell’ordinanza n.08/06 vieta comunque la manovra delle altre navi ormeggiate nel vallone di Muggia quando vi siano movimentazioni di navi che trasportano prodotti liquidi infiammabili alla rinfusa; non si riscontrano problematiche inerenti le navi da pesca in quanto l’attività di pesca non è consentita in ambito portuale; anche in caso di ormeggio contemporaneo di navi cisterna al terminale Gnl e quello petrolifero, non viene preclusa la navigabilità per le navi destinate agli ormeggi del Canale industriale.


Il citato parere contiene inoltre l’indicazione di una prescrizione consistente nella dotazione del terminale Gnl di un apparato di videosorveglianza coadiuvato e coordinato al locale sistema Vts, quale sistema di controllo del traffico marittimo da attuarsi per rendere ancora più sicuro il traffico delle metaniere. Non mi stupisce che su una zona di prevista reindustrializzazione vi siano più progetti concorrenti, che rispondono, come è evidente, agli interessi di chi li propone: lo Stato ha il compito di comporre gli interessi salvaguardando prima di tutto quello generale, nella logica di uno stato liberale e non socialista.


Deve garantire il rispetto delle procedure, delle regole, della compatibilità e della funzionalità dei progetti proposti. Se a Trieste sorgerà un polo energetico in quella che oggi è solo un valle di lacrime, io personalmente ne sarei solo felice. Che progetti energetici d’interesse nazionale possano collidere con altri di diversi stati è pure naturale. Ho sostenuto e sostengo che le obiezioni ambientali slovene nascondessero altri interessi che sono venuti allo scoperto con la dichiarazione della settimana scorsa del ministro dell'economia sloveno, Matej Lahovnik:

«La Slovenia è molto interessata all'idea di coprodurre un rigassificatore sull'isola di Veglia, in Croazia, ma mantiene le sue obiezioni su di un identico impianto nel Golfo di Trieste».


A proposito del Corridoio 5, va precisato invece che proprio noi siamo stati i primi, pur volendo l'Alta velocità, a dire che quel tracciato è troppo impattante. La Regione ha chiesto a Ferrovie la revisione di quel tracciato chiedendo correzioni sull'impatto ambientale e sostenendo la necessità, proprio a difesa del porto di Trieste e degli interessi italiani, della previsione progettuale anche del collegamento diretto tra Trieste e Capodistria. Infine, lei ritorna sull’abusato ritornello delle cose del passato e di chi se ne occupa.


Fin qui abbiamo parlato invero solo di presente e di futuro, e potrei chiudere rispondendole, ancora latinamente, «historia magistra vitae», ma desidero invece porgere alla sua attenzione una bella pagina di Francesco Alberoni (Corriere della Sera, 12 febbraio 2001): «Sono le comunità nascenti, ricche di solidarietà, di speranza e di fede che vanno nel passato per lanciarsi verso il futuro. Quando invece un popolo, o un gruppo dirigente, o una classe intellettuale o dei pedagogisti rifiutano la storia, vuol dire che non si sentono più parte di una comunità in cammino. Vuol dire che hanno perso la speranza, lo slancio, l'ideale. Vuol dire che hanno perso il futuro, che sono morti».


Roberto Menia
Argomenti:rigassificatore

Riproduzione riservata © Il Piccolo