Romans, furti di fiori in cimitero

ROMANS
Segnalati più volte, si rinnovano nel cimitero comunale di via Aquileia a Romans d'Isonzo, i furti di fiori e piante, che senza un minimo di ritegno vengono costantemente asportate dalle tombe dei defunti.
Un odioso rituale che si protrae ormai da diverso tempo e che produce risentimento e dolore in coloro che facendo visita ai loro cari, notano questo tipo di profanazione alle tombe e alla memoria di coloro a cui hanno voluto bene e amano ancora.
Molti di questi visitatori, tuttavia, pur invasi da un comprensibile sentimento di rabbia e di indignazione, tengono per se il loro dolore e la loro ferita, mentre qualcuno, invece, "un cittadino di Romans", così almeno si firma, ha pensato di prendere carta e penna ponendo nero su bianco alcune frasi che si possono leggere in questi giorni su un foglio che, dentro una custodia trasparente, è stato sistemato all'ingresso del camposanto romanese.
«Attenzione - si legge a mo’ di titolo - In questo camposanto si sono verificati più volte dei furti di fiori e piante, che i familiari portano con tanto amore sulle tombe dei loro cari defunti. È superfluo dire - si legge ancora - che questi gesti sono vergognosi e vili. A questi esseri miserabili - si rivolte ancora l'anonimo e offeso cittadino - senza umanità e senza cuore, vada il mio più profondo disprezzo. Un fiore rubato ad un defunto non può portare bene, pace e serenità a coloro che hanno compiuto azioni così indegne e deplorevoli».
A Medea, invece, il furto dei fiori ha indotto l'amministrazione comunale ad affiggere nella bacheca posta all'ingresso del cimitero, una nota dal titolo - si legge - "Dedicata a chi ruba i fiori nei cimiteri": «Rubare un fiore o una pianta da una tomba è un gesto vile ed idiota che offende l'intelligenza di chi lo compie, ancor prima della dignità di chi lo subisce. La noncuranza con cui si profana un luogo sacro come è quello in cui riposano i nostri morti è qualcosa che lascia senza parole ma non si deve stare in silenzio. Parlandone, forse - conclude l'amministrazione medeense - qualcuno si ravvede».
Edo Calligaris
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