Ronchi, piazza S. Vito dedicata alla “staffetta” Villanorma Micheluz

RONCHI DEI LEGIONARI. Sono stati i nipoti Maria e Matteo a scoprire, ieri mattina, la targa con cui, nel rione di San Vito a Ronchi dei Legionari, la piazzetta è stata intitolata a Villanorma Micheluz, una delle prime staffette partigiane d'Italia.
Due nipoti che non l'hanno mai conosciuta. Aveva solo 16 anni Villanorma, nel novembre del 1944, quando fu arrestata, torturata e seviziata sino alla morte, per poi essere abbandonata in un campo a San Pier d'Isonzo.
Accanto a lei, ieri, la città ha voluto ricordare tutte le donne impegnate nella Resistenza, molte ronchesi che non esitarono a rispondere al richiamo per sgominare i nazifascisti. Il ruolo della donna e le tante violenze che ancor oggi si perpetrano nell'universo femminile sono stati sottolineati del presidente dell'Anpi, Paolo Zonta, e dal sindaco, Roberto Fontanot. I quali hanno colto l'occasione per chiedere leggi più severe nei confronti del cosiddetto “femminicidio”.
A ricordare i tratti della breve esistenza di Villanorma Micheluz è stata chi la conobbe: Elda Soranzio, nome di battaglia “Lina”, già appartenente alla formazione partigiana “Intendenza Montes”. «Scese dalla montagna in permesso, con una delegazione di partigiani – ha ricordato – e subito dopo arrestata. La sua casa, nel rione Pater, fu incendiata. Norma non era solo una ragazza coraggiosa, ma anche molto brava nell'arte di arrangiarsi. Avendo assaggiato il freddo della montagna, si ricordò che c’era un luogo dove gli avieri, dopo l’8 settembre 1943, avevano abbandonato molte paia di stivali con l’interno di pelliccia. Levò la pelliccia e si confezionò un caldo giaccone».
Agli interventi degli studenti della scuola media “Leonardo Da Vinci”, sono seguite le parole di Nadia Fantini, figlia del leggendario “Sasso”. «Villanorma era consapevole dei pericoli – ha raccontato - ma l'esuberanza della sua giovane vita, la sua voglia di libertà e democrazia le permisero di sconfiggere la paura ed entrare nel movimento di Liberazione, pagando con la vita, spezzata dalla brutalità fascista. Noi dell'Anpi abbiamo il dovere di ricordare queste persone e di raccontare la loro storia ai giovani perchè tutto ciò non sia dimenticato».
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