Schlecker in liquidazione, dipendenti a rischio

Travolta dai debiti la casa madre tedesca. A Trieste futuro in bilico per una quarantina di commesse

La notizia che le migliaia di dipendenti del gruppo sparsi in tutta Europa non avrebbero mai voluto sentire, è arrivata poche ore fa dalla Germania: Schlecker, la grande catena di drogherie dalle insegne bianche e blu, verrà messa in liquidazione. Troppo pesanti le perdite, ha fatto sapere il curatore fallimentare Arndt Geiwtz, e troppo deludenti le offerte avanzate finora dai potenziali acquirenti. La società, che in Germania conta ancora 2800 punti vendita e oltre 13.200 dipendenti, cesserà quindi l’attività alla fine del mese.

Uno scenario che inevitabilmente sta mettendo in allarme anche i lavoratori dei punti vendita italiani (77 solo nel Trivenero), di cui 8 nel territorio di Trieste: 6 nella zona del centro - via Vidali, via Galilei, piazza Libertà, via Filzi, via Valdirivo e via Coroneo - e altri due in aree più periferiche come via Flavia e viale Campi Elisi. Se il “virus” che ha attaccato la casa madre tedesca dovesse propagarsi anche alle realtà controllate, si produrrebbe un pericolosissimo effetto domino e a finire in strada sarebbero altre migliaia di persone. Comprese le circa 40 commesse in servizio nei drugstore triestini.

«Parlando con le lavoratrici, ho avvertito una forte preoccupazione - afferma Miriam Cerne della Uiltucs Uil -. Il mio sindacato non conta iscritti tra i dipendenti di questa realtà, per cui non ho informazioni dirette sulle trattative. So però che per le commesse questi sono giorni di grande apprensione: temono che anche il gruppo italiano possa tagliare negozi e posti di lavoro o, peggio, chiudere del tutto i battenti».

Prospettive sulle quali l’azienda non si pronuncia («in questa fase non rilasciamo alcun tipo di dichiarazione», taglia corto il responsabile d’area Schlecker Alessandro Cappellari), ma che altre sigle sindacali, almeno per il momento, si sentono invece di escludere. «I supermercati italiani fanno capo non alla casa madre tedesca, ma ad una società “satellite” attiva in Austria - spiega Paolo Duriavig, segretario regionale della Fisascat Cisl -. Società che può ancora reggersi sulle proprie gambe e proseguire l’attività, nell’attesa di individuare un possibile investitore». «In questa fase - afferma Andrea Blau della segreteria territoriale della Fisascat Cisl - i dipendenti triestini devono stare tranquilli e ricordare che, se la Germania è fallita, l’Italia e l’Austria, al pari della Germania, hanno ancora una certa “appetibilità” sul mercato. Bisogna evitare quindi ogni allarmismo in attesa di chiarimenti da parte dei vertici». (m.r.)

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