Segni esoterici nelle gallerie del Castello

Li si sommi in orizzontale, in verticale oppure in diagonale i nove numeri incisi nel cemento armato danno sempre lo stesso risultato: quindici. Il “quadrato magico” si trova nell’Osservatorio del Re. Probabilmente doveva proteggere chi lo ha tracciato dalla morte. L’amuleto portafortuna è uno dei tanti graffiti vergati dai soldati all’interno delle gallerie del castello nel corso della Prima guerra mondiale.
I lavori di riqualificazione hanno di recente portato alla luce nuovi accessi. Questi sono la testimonianza ancora oggi tangibile del fatto che la collina era considerata un obietivo militare strategico da entrambe le parti. Sul versante soloveno sono presenti le gallerie scavate dall’esercito austro-ungarico, su quello opposto si trovano quelle realizzate dai soldati italiani. Alle pendici del colle del Castello - oggi inaccessibili per i lavori di costruzione del discusso ascensore -, nelle vicinanze dell’ingresso del rifugio anitaereo dell’Unpa, si trova un microscopico graffito. Si legge: “1916-10-27/Caporale Realini Giovanni/2° battaglione bersagl/ciclisti/12 compagnia”. Nell’incertezza dei combattimenti, ognuno cercava di sopravvivere come poteva, magari semplicemente scrivendo in maniera permanente il proprio nome. Il caporale Realini ha pensato di guadragnarsi il suo piccolo angolo di immortalità così. Più impersonale è invece il graffito del secondo Riparto Zappatori del 201 Fanteria (Brigata Sesia) che, all’inizio del 1917, firma i lavori nell’Osservatorio del Re dimenticando di tracciare l’“H” nel verbo “hanno”. Dal San Michele al Sabotino le fortificazioni militari nascondono tante piccole storie come queste. Tra quanti cercano di salvarle e raccontarle c’è il ricercatore storico Pierluigi Lodi.
Ciò che sta sotto il Castello di Gorizia rappresenta un’ennesima opportunità di richiamo turistico in vista del sempre più prossimo centesimo anniversario dallo scoppio della Grande guerra.
«Dopo il 18 novembre 1915 Gorizia divenne un obiettivo militare e il castello fu oggetto di sistematici bombardamenti - ricorda Lodi, facendo riferimento anche ad alcune immagini dell’epoca dove i soldati sono appostati con le mitragliatrici sui camminamenti -. Dopo la sesta battaglia dell’Isonzo, la città è in mano all’Italia. A un certo punto il bastione che guarda al Rafut viene reso blindato con il cemento armato. Si chiama Osservatorio del Re perché Vittorio Emanuele III lo utilizzò almeno tre volte per seguire l’evoluzione dei combattimenti al fronte. Lo attestano diversi documenti della casa reale e non solo quelli. È dubbio invece che l’elmetto conservato al museo di Borgo Castello sia quello effettivamente indossato dal re. In ogni caso, quest’ipotesi non si può escludere».
«L’osservatorio - prosegue Lodi - è perfettamente conservato. Purtroppo è inaccessibile. Renderlo fruibile non dovrebbe essere difficile. Potrebbe essere uno spazio didattico a costo quasi nullo. Per le sue dimensioni, potrebbe ospitare un’intera scolaresca in gita». Quaanto ai graffiti aggiunge: «È probabile che alcuni siano stati realizzati da ufficiali massoni. Il “quadrato di Franklin”, una sorta di “gioco del 9” o di “sudoku”, evidenzia una capacità di confrontarsi con l’esoterismo da parte di chi lo ha realizzato».
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