«Senza giovani non c’è futuro per la Comunità ebraica»

«Trieste mi ha incantato». Rav Alexander Meloni, nato a Parigi nel 1961 è il nuovo rabbino di Trieste da poco più un mese. Ci è arrivato dopo 16 anni passati in Israele e 13 a Milano.
Conosceva già la città?
Non ero mai stato a Trieste dall’epoca in cui ero in Italia. Trieste è una città di difficile accesso. Sono venuto un paio di volte di recente per conoscere la comunità ebraica.
Qual è stata la prima impressione?
Trieste è affascinante. È una bellissima città. Ha ancora una dimensione umana. Mi piace il suo aspetto multietnico. Riesce a far vivere in armonia tante diversità. Una cosa abbastanza eccezionale. La prima impressione è estremamente positiva.
Il suo predecessore, rav Eliezer Shai Di Martino, che arrivava da Lisbona, è resistito solo due anni e emezzo...
Lo so. E stato nominato rabbino in una comunità dell’America Centrale. Sua moglie è originaria del Messico. Non se ne è andato per gli screzi con Trieste. I rabbini sono uomini come tutti gli uomini. E con la loro donna hanno una sola parola: “Sì, amore”.
Ha dovuto obbedire alla consorte...
Sì. È andato a Guadalajara in Messico. È un po’ lontano adesso.
«Ciò che in primis abbiamo cercato è una persona che avesse dimostrato di poter essere il rav dei nostri ragazzi», hanno dichiarato Alessandro Salonichio (presidente della Comunità ebraica) e Ariel Camerini (assessore al culto).
La Comunità di Trieste ha una grande priorità. É l’educazione dei bambini nella scuola per assicurarsi il futuro. Il futuro sono i nostri giovani.
Esiste l’Istituto comprensivo Morpurgo Tedeschi che offre un percorso scolastico dal nido d’infanzia alla scuola primaria.
Hanno richiesto un rabbiano in grado di avere un buon rapporto con i giovani e i bambini. Lo scopo è quello di mantenerli vicini alla Comunità.
E lei è il rabbino giusto per questo?
Diciamo che ho interessi vari. Ho un’esperienza multipla. Vengo da Israele dove non ho fatto attività rabbinica. L’ho fatta, ma non come attività principale.
E cosa faceva in Israele?
Eri un dirigente del settore hi-tech. Diciamo che ho una visione un po’più ampia delle cose. Il mio obiettivo è fare vivere la comunità il più possibile e di darle un futuro.
“Il futuro ebraico della Comunità triestina - spiegano Salonichio e Camerini - è strettamente legato ai più giovani e alla capacità di motivarli allo studio, alla Torah, al semplice stare insieme». Condivide questo programma?
È un programma che condividono tutti i rabbini. Il futuro di tutte le nostre comunità. Non solo quella triestina.
Nel suo curriculum si legge che ha avuto esperienza anche nel campo del marketing. L’ha maturata in Israele?
Ho fatto gli studi in Italia a Milano dove ho lavorato al Collegio rabbinico per 13 anni. Poi ho fatto come rav Elizier...
In che senso?
Anch’io ho avuto l’ultima parola in casa. Mia moglie ha detto che voleva crescere i figli in Israele. E io ho detto: “Sì amore”. E così ho pensato che sarebbe stata buona un’altra esperienza.
E così è finito ad occuparsi di marketing?
Sono diventato responsabile delle vendite per tutto il continente africano. Vendevo prodotti della telecomunicazioni per operatori telefonici.
Non proprio un’attività rabbinica...
No. L’attività rabbinica la offrivo ai giovani immigrati dell’area francofona. Davo lezioni di Torah ed ebraismo a questi nuovi arrivati dalla Francia.
I primi incontri istituzionali a Trieste come sono stati?
Molto buoni. Amichevoli. Ho incontrato persone che sentono molto la presenza della Comunità ebraica. Ne conoscono la storia e il contributo che la Comunità ebraica ha offerto allo sviluppo della città di Trieste. Un legame che vogliono rafforzare.
Ha già conosciuto la governatrice Debora Serrachiani e l’ha invitata a visitare la Sinagoga.
Serracchiani, per i suoi molteplici impegni, non ha avuto ancora l’occasione di visitare la Sinagoga di Trieste, che è una delle più grandi d’Europa. Mi è parso giusto invitarla per le prime settimane di giugno.
E l’incontro con il vescovo Giampaolo Crepaldi?
È stato un incontro molto amichevole e piacevole. C’è stato un buonissimo contatto con lui. Lui tiene molto al dialogo tra la comunità ebraica e la comunità cristiana e cattolica. É un legame che gli sta molto a cuore.
Il dialogo interreligioso è già aperto.
Un dialogo inteso nel rispetto reciproco e nel mantenimento delle diversità. Un dialogo utile per intensificare la conoscenza reciproca.
La Comunità ebraica di Trieste ha aderito assieme ad altre associazioni alla richiesta di intitolare il Canal Grande a Maria Teresa d’Austria. Una figura ambigua per il mondo ebraico...
Sono nuovo a Trieste. Faccio fatica a rispondere su questa figura storica. La Comunità triestina ha approfittato delle libertà concesse da Maria Teresa per motivi economici.
La patente di tolleranza...
Questo è stato molto positivo per la comunità ebraica triestina, ma era un’eccezione nell’impero austro-ungarico.
Un’intitolazione può quindi starci...
La comunità triestina, pur avendo goduto di questi favori, deve rimanere solidale con le altre comunità alle quali non era estesa questa patente di tolleranza. Diciamo quindi che l’adesione c’è ma senza entusiasmi particolari.
A Trieste si sono consumate brutte pagine della storia del Novecento. Nel 1938, da qui, Mussolini ha proclamato le leggi razziali. E qui c’era la Risiera di San Sabba, l’unico campo di concentramento italiano.
La memoria è fondamentale. Solo ricordando quello che è successo in passato, è possibile evitare che queste cose si ripetano. Intendo essere sempre presente alle cerimonie e ai momenti organizzati per ricordare questi tragici fatti. Non dimenticare è un esercizio di futuro.
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