Serse Roma: «Ormai non c’è limite al peggio Meglio la serra»
«Al peggio non c’è mai fine. Prepariamoci». L’artista Fabrizio Roma, detto Serse, nato a San Polo del Piave nel 1952, vive e lavora a Trieste. Le sue opere, disegno a grafite su carta, sembrano fotografie, ma non lo sono. Nel 2011 il Comune di Trieste gli dedicò una grande mostra dal titolo “Geometriche Dissolvenze” al Salone degli Incanti. Un titolo profetico visto che ora l’ex Pescheria, ristrutturata a suon di milioni dalla Fondazione CRTrieste, vede dissolversi la sua identità di Centro Espositivo d’Arte Moderna e Contemporanea (è ancora il nome con cui appare sul sito del Comune di Trieste). Nelle intenzioni della precedente giunta doveva diventare una mediateca. Ora rischia, in una metamorfosi senza fine, di trasformarsi in un ring di Muay thai oppure in una balera per anziani. Non è bastata la mostra di Serse e neppure quella della star dell’arte povera Jannis Kounellis per accreditare il Salone degli Incanti all’arte contemporanea.
«L’altr’anno - ricorda Serse - ho avuto il piacere di avere una mostra nelle sale al piano terra del Mamc (Musée d’art moderne et contemporain) di Saint-Étienne subito dopo Kounellis. La città ha meno abitanti di Trieste, eppure ospita il secondo museo di arte contemporanea in Francia dopo il Centre Pompidou di Parigi. E qui si continua a cambiare destinazione all’unica sala espositiva di Trieste». Non c’è arte né parte. «Arrivano sempre in ritardo - aggiunge Serse -. Come ring di pugilato l’abbiamo già sperimentato con la manifestazione artistica. La mostra di Kounellis, la mia. Solo che il pugilato avveniva su un fronte più sofisticato che è quello dello scontro delle idee. Dal mio punto di vista resta buona l’idea di Illy di fare un centro espositivo come questa città meriterebbe vista la sua vocazione internazionale. Un luogo aperto a quegli artisti, in linea con quanto fatto da Kounellis, capaci di dialogare con uno spazio del genere. Penso a Anish Kapoor. Ora invece c’è la tendenza a scadere verso il basso. Viste le vetrate, tanto vale fare una grande serra di piante esotiche con un baretto con i gelati». Trieste, tristi tropici. (fa.do.)
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