Sesso con una quattordicenne, a giudizio

Prima l’amicizia nata su una chat in internet. Poi gli incontri in casa, almeno tre. Lei è una ragazzina che non ha neanche 14 anni. Lui, P.G., di anni ne ha trenta. È accusato dal pm Maddalena Chergia - che ha chiesto il suo rinvio a giudizio - di atti sessuali con una minorenne. Rischia una condanna che arriva fino a 10 anni di reclusione e mercoledì comparirà davanti al giudice Dainotti.
Ma non sarà solo. Perché il pm Chergia ha chiesto il rinvio a giudizio anche della madre della piccola e del suo convivente, dei quali non riportiamo le generalità per evitare che si possa risalire all’identità della vera vittima di questa incredibile vicenda. Sono accusati di aver voluto farsi giustizia da soli. In particolare devono rispondere di rapina, minacce e lesioni.
La “spedizione punitiva” porta la data del 4 settembre dello scorso anno. Giorno in cui la madre della ragazzina ha scoperto la relazione ed è passata all’azione. La donna, insieme al convivente, è andata a casa di P.G. Che, secondo quanto è emerso dalle indagini, è stato picchiato a sangue. Il compagno della donna lo ha preso a pugni procurandogli lesioni poi giudicate guaribili in 12 giorni. Anche la madre, però, ha avuto un ruolo attivo nel pestaggio: a un certo punto, infatti, ha estratto un coltello dalla borsa, sferrando un fendente alla spalla del trentenne, mentre il convivente gli stringeva le mani al collo, sbattendogli la testa contro il muro. I due lo hanno anche minacciato: «Se non vuoi che ti ammazziamo, stai lontano da nostra figlia. Non incontrarla più su internet e in nessun altro modo». Nel parapiglia i due gli hanno anche preso il telefono cellulare e il tablet dell’uomo, per poi farsi consegnare il portafoglio contenente la carta d’identità, una carta di credito e la tessera sanitaria. Infine la coppia si è accanita contro la casa dell’uomo, distruggendo il materasso e scagliato due vasi di cristallo contro il televisore.
È stato quest’ultimo episodio ad attivare - seppur indirettamente - le indagini della polizia, che hanno poi svelato la violenza sessuale sulla minorenne. Dopo l’aggressione e la rapina, infatti, il trentenne è andato a sporgere denuncia in Questura, dove ha dovuto spiegare il tipo di legame intrattenuto con la ragazzina. «Eravamo fidanzati», ha detto agli inquirenti, cercando di chiarire il quadro dentro il quale era maturata la reazione della madre della ragazzina e del suo convivente. P.G., in pratica, si è autodenunciato del reato più grave. E forse - per assurdo - lo ha fatto in buona fede credendo che i suoi incontri con la minorenne fossero leciti dal momento che, come ha più volte sostenuto, lei era consenziente. Subito sono stati attivati gli accertamenti da parte degli investigatori. Dall’analisi dei tabulati telefonici è emersa tutta la vicenda. È entrato in campo un medico consulente nominato dal pm, che ha confermato la violenza sessuale. E alla fine è scattato il rinvio a giudizio. Il trentenne è difeso dall’avvocato William Crivellari. La madre e il suo convivente sono assistiti dall’avvocato Cesare Stradalioli.
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