Si inasprisce la guerra del terrano

In Croazia rimangono in vendita le bottiglie con il nome che dovrebbe essere utilizzato solo in Slovenia
Di Mauro Manzin

TRIESTE. L’Istria più che divisa da un confine sembra essere spaccata in due dal vino. La battaglia del Terrano, infatti, continua. Perché nonostante l’Unione europea abbia dato ragione a Lubiana dichiarando che l’asprigno e ferroso uvaggio rosso è un prodotto doc della Slovenia, nell’Istria croata si continuano a vendere le bottiglie di Terrano con l’etichetta di vino doc. A norma europea non potrebbe neppure utilizzare il nome “Teran” e questo a partire dal 1° luglio data di adesione della Croazia all’Ue. Eppure tutto sta andando avanti come se nulla fosse accaduto e nella piena “ignoranza” del fenomeno da parte del ministero dell’Agricoltura sloveno. La Croazia dunque viola le norme europee? Assolutamente no, rispondono i produttori dell’Oltresicciole, secondo loro, come riportato dal quotidiano Primorske Novice, la Commissione Ue avrebbe permesso la vendita della produzione “vecchia”, compresa l’annata 2012, ancora con la denominazione “Teran”.

Al ministero dell’Agricoltura sloveno, come detto, non ne sanno nulla ma ribadiscono che in base alla normativa europea il Terrano nell’Istria croata può essere venduto anche solo con la denominazione d’origine ossia “Hravaška Istra”, Istria croata per l’appunto seguito dal nome tradizionale per specificare la qualità a cui si può aggiungere un nome commerciale. Ma in Croazia proprio non ci stanno. Il presidente di Vinistra Ivica Matoševi„ si dice soddisfatto di poter vendere il vino già imbottigliato ancora con il nome di “Teran” e proprio non accetta che prima o poi dovrà rinunciare all’antica denominazione. «Voi avete il terrano carsico - ha detto alle Primorske Novie - noi il Terrano istriano che dopo la malvasia è l’uvaggio autoctono più conosciuto delle nostre terre». «Non è una battaglia commerciale - aggiunge - visto che il terrano in Istria rappresenta solo l’8% dell’intera produzione vinicola, ma una tutela dell’identità». Dunque l’Istria croata non si adegua alle norme europee e si dice pronta, sempre nelle parole di Matoševi„, ad adire alle vie legali.

Anche il Consorzio dei produttori vinicoli del Carso sloveno che dal 2004 è stato impegnato nella tutela del “Teran” non sa nulla del permesso che la Commissione Ue avrebbe rilasciato alla Croazia. Ma il suo presidente Boris Lisjak non drammatizza. «Ritengo che una decisione del genere (il permesso della Commissione Ue ndr.) sia del tutto normale, di pura sopravvivenza. Cosa devono fare del vino già imbottigliato, devono forse versarlo per terra? Questa sorta di regime transitorio - precisa - è stato in vigore anche quando l’Ungheria ha vinto la sua battaglia europea per il Tokai ed è durato qualche anno. Ma poi - conclude Lisjak - come è avvenuto per il Tokai anche il “Teran” sarà solo quello sloveno prodotto sul Carso da uvaggi di refosco». La controparte croata però non la pensa così. Insomma la battaglia del vino continua.

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