Slogan, canti alla finestra e flash-mob a distanza La festa rivive in città anche senza abbracci

Da San Giacomo a San Giovanni tante le dediche ai luoghi simbolo di martirio e di lotta contro l’oppressione nazifascista 
Lasorte Trieste 25/04/20 - Via Rittmeyer, Via Ruggero Manna, Striscione Antifascista
Lasorte Trieste 25/04/20 - Via Rittmeyer, Via Ruggero Manna, Striscione Antifascista

l’atmosfera



«Amore portami via che a casa mi sento morir». Sulle facciate di alcuni palazzi in via San Michele ieri sono apparse delle lenzuola dipinte con i versi di “Bella Ciao”, rivisitati in chiave contemporanea: i residenti hanno così voluto manifestare il disagio provato durante la quarantena imposta dal Covid-19.

Dagli striscioni ai flash- mob sui balconi, quello appena descritto è stato ad ogni modo solo uno dei numerosi gesti con cui triestine e triestini hanno celebrato il 75.mo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, nonostante tutto. Nella stessa zona altre finestre hanno ospitato tricolori affiancati a bandiere della pace, fazzoletti dell’Anpi e vessilli rossi. Un poggiolo di San Giacomo nel frattempo proclamava: «No spese militari, vogliamo più ospedali».

Ma durante questo anomalo 25 aprile cartelli e simili non sono stati monopolio delle abitazioni private. Nel corso della giornata diversi sono stati anche gli omaggi ai personaggi e ai luoghi della memoria cittadini. Corone e fiori freschi sono stati deposti in via Pindemonte, nel luogo dove fu colpita a morte Alma Vivoda, prima donna italiana caduta nella Resistenza. Idem a San Giovanni, sul monumento ai combattenti per la libertà, mentre poco lontano è comparso uno striscione bilingue: «Morte al fascismo, libertà al popolo».

Tornando a San Giacomo, qualcuno ha posto un garofano rosso sulla targa per la partigiana Maria Bernetic, mentre in piazza Puecher Savina Rupel, fioraia e staffetta antifascista deportata a Ravensbrück, è stata ricordata da Non Una Di Meno con un cartello: «Una squadra di camicie nere la sentì parlare sloveno, le buttarono all’aria la bancarella, calpestarono i fiori». Le stesse femministe ricordano che accanto alla chiesa di Santa Maria Maggiore «nel 1943-45 è esistita una prigione sotterranea, prevalentemente femminile, dove i fascisti hanno stuprato, torturato e ucciso».

Dalla rete Trieste Antifascista-Antirazzista si apprende che tributi analoghi si sono svolti davanti a luoghi di morte e tortura quali Villa Triste in via Bellosguardo, la sede del reparto di polizia ausiliaria in via San Michele, le vie d’Azeglio e Ghega, teatro di due efferati eccidi compiuti per mano nera nel 1944. E così via.

Allo stesso modo in piazza Oberdan, dove ebbe sede la Gestapo, il Comitato Pace Danilo Dolci ha commemorato il giovane Pino Robusti (si legga nell’articolo a lato, ndr). Alle 15 c’è stato poi l’appuntamento con l’iniziativa “Bella Ciao in ogni casa”, indetta dall’Anpi a livello nazionale e recepita da molti anche a Trieste, che hanno intonato l’inno all’unisono. In Cittavecchia sono risuonate varie canzoni del repertorio resistenziale; c’è stato chi si è urlato «buona Liberazione» da un condominio all’altro e chi, dal proprio terrazzo, ha strimpellato “Fischia Il Vento” alla chitarra.

In piazza Cornelia Romana circa trenta persone hanno addirittura improvvisato un flash-mob, disponendosi lungo la strada a distanza di sicurezza e ballando sul posto. Hanno festeggiato pure i writer: «Fuori a un metro di distanza, in carceri e Cpr otto in una stanza», recita la scritta comparsa su un muro, datata 25 aprile 2020. —



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