Sloveni in divisa con il fucile puntato contro due triestini in Val Rosandra

LUBIANA Il grido era quello che più di trent’anni fa lanciavano i militari dell’Armata popolare jugoslava (Jna) agli sventurati triestini o goriziani che attraversavano passeggiando sul Carso inavvertitamente il confine con la Federativa. Lo stesso grido, «stoj!», è riecheggiato nuovamente la scorsa settimana in Val Rosandra. Solo che a lanciarlo è stato un presunto soldato dell’Esercito sloveno. E ora si rischia il caso diplomatico tra Italia e Slovenia.
Dopo la nota intimazione il soldato avrebbe ordinato, questa volta in inglese, al malcapitato 32enne triestino appartenente alla minoranza slovena, di sedersi («sit down!»), puntandogli il fucile alla testa. Solamente quando il giovane gli ha risposto in sloveno, il presunto militare ha tolto il fucile e si è rilassato, mentre alle spalle del giovane il compagno in armi aveva “catturato” la ragazza dalla quale il 32enne si era momentaneamente allontanato e con la quale stava effettuando una passeggiata.
L’episodio è stato raccontato dagli stessi malcapitati al quotidiano della minoranza slovena Primorski Dnevnik, che non ha riportato i nomi e i cognomi dei protagonisti dell’incontro armato in Val Rosandra, riportando solo una caratteristica della donna che ha i capelli tinti di blu.
Il giovane protagonista della vicenda ha la doppia cittadinanza (italiana e slovena) ed è temporaneamente domiciliato in Slovenia. E l’episodio è avvenuto in territorio sloveno ai margini del confine con l’Italia. Il 32enne ha raccontato che negli ultimi due mesi aveva preso l’abitudine di fare lunghe passeggiate con la donna nell’area di Erpelle-Cosina. Quel giorno, soleggiato e tiepido, i due avevano deciso di spingersi fino al cosiddetto (in Slovenia) “confine verde”, ossia a una zona di attraversamento abitualmente e storicamente usata dagli agricoltori che hanno appezzamenti al di qua e al di là dei confini di Stato. Giunti in prossimità del “valico” i due si erano addentrati in un bosco e il giovane si era allontanato un attimo per vedere se il sentiero imboccato era quello giusto. Proprio in quel momento l’uomo in mimetica avrebbe iniziato a correre verso di lui intimandogli prima l’alt («stoj!») e poi di mettersi seduto in inglese («sit down!»). La situazione, come detto, si è sbloccata, appena il soldato ha sentito che la sua “preda” parlava come lui lo sloveno. Con l’adrenalina a mille l’uomo in mimetica ha spiegato al ragazzo che stavano cercando immigrati clandestini i «črni», ossia i «neri», usato in modo spregiativo. La ragazza ripresasi dallo spavento invece ha iniziato a inveire contro i due in divisa dicendo che loro non erano neri che erano le 11 del mattino e che a quell’ora non girano immigrati clandestini da quelle parti. «Non lo vedete siete ciechi? Io ho i capelli blu!», ha gridato in faccia ai presunti graničari, «ti sembra che possa essere un afghano?» Dopo la paura, l’adrenalina e le grida della ragazza i due “militari” se ne sono andati per la loro strada in cerca dei «črni».
Fonti ufficiali slovene non confermano quanto avvenuto in Val Rosandra, ma dal modus operandi dei due uomini armati questi sicuramente erano due “gardisti”, ossia due appartenenti ai gruppi sedicenti paramilitari che il governo sloveno guidato da Janez Janša sta cercando di mettere fuori legge, i quali pattugliano i confini in cerca di migranti. Malgrado la legge vigente lo vieti hanno mimetiche perfettamente uguali a quelle dell’Esercito sloveno, sono di estrema destra, girano con armamenti finti (giocattolo) proprio per evitare di finire in carcere. L’Esercito sloveno non pattuglia alla ricerca di clandestini i confini con l’Italia dove è operativa solo la polizia di frontiera che tra l’altro coopera nelle pattuglie miste con i colleghi italiani.
La deputata dem Debora Serracchiani, intanto, chiede al ministro degli Esteri Luigi Di Maio di «compiere passi opportuni presso il governo sloveno affinché tutti gli aspetti di questo episodio siano resi noti». «Se, come riportato, ci sono paramilitari che girano armati nei pressi del nostro confine - conclude - il fatto è inaccettabile». —
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