Sono oltre 340 i negozi abbandonati fuori dai confini del cuore cittadino

Quando si abbassa una serranda in periferia, il più delle volte non si rialza più. Solo il cuore di Trieste è indenne da questo fenomeno, perché anche in zone a un passo dal centro, come Largo Barriera o le aree attorno a via Ghega o a viale XX Settembre, i fori commerciali dove le luci non si accendono più da un pezzo sono moltissimi. Scorrendo i siti di annunci che pubblicano proposte di affitto o vendita di immobili ad uso commerciale, se ne contano oltre 340. Ed è solo una piccola porzione della quantità complessiva di negozi, magazzini, ex laboratori artigiani sbarrati.
Ci sono locali da affittare anche a prezzi irrisori, come un negozio da 20 metri quadrati da 100 euro al mese in Largo Pestalozzi, o un’ex panetteria di via La Marmora che viene locata a 270 euro mensili. Si trovano fori commerciali in buone condizioni a 300-350 euro mensili pure in via Udine, in via Giulia, o nella più centrale via del Coroneo. Ma in quei punti della città, nessuno è interessato ad avviare una nuova esperienza commerciale. Ne sa qualcosa anche il Comune che, nonostante diversi tentativi, non è riuscito ad affittare dei locali in via delle Settefontane, in viale D’Annunzio, o a venderne degli altri agli inizi di via Foscolo o via Pascoli. Eppure quella è una zona popolata. A ridare respiro a qualche piccolo spazio sono state, in quest’ultimo anno, attività come i centri per la ricostruzione delle unghie, le sartorie gestite da imprenditori cinesi, i parrucchieri, le macellerie halal, i laboratori per la riparazione dei cellulari, qualche kebab. Nei rioni, le vie principali raccolgono ancora interesse, le vie limitrofe no.
«Nell’anello immediatamente attorno al cuore pulsante del commercio qualcosa si muove – valuta Filippo Avanzini, titolare della Gabetti Trieste e vicepresidente Fiaip –. Rispetto ad alcuni anni fa, zone come, per esempio, la parte alta di corso Italia o l’inizio di strade come via Ginnastica hanno ripreso quota. Certamente le zone più periferiche da questo punto di vista soffrono molto, anche se spesso a determinare la lunga inattività di un foro commerciale sono anche le pretese fuori mercato dei proprietari». Perché se da un lato c’è chi, pur di coprire le spese di gestione e di non far perdere valore a un immobile, lo propone a prezzi molto bassi, dall’altro ci sono quelli che si ostinano ad avanzare richieste esorbitanti, rifiutando anche delle proposte.
Una ricetta per rivitalizzare il commercio, aumentare di pari passo il decoro di alcune zone, fornendo così anche maggiore sicurezza e creando posti di lavoro, ad oggi non c’è. «Sono cambiati i modelli commerciali e anche le abitudini degli acquirenti, basti pensare al commercio online – valuta l’assessore comunale al Commercio, Serena Tonel –. Le periferie soffrono, quella di Trieste, in verità, meno di altre realtà anche regionali. Per far fronte a questo fenomeno, l’amministrazione può incentivare e supportare iniziative come quella, ad esempio, dei commercianti di Opicina che fanno sistema, creano massa critica».
A pungolare più volte l’amministrazione comunale, al fine di arrivare a una strategia che stimoli l’apertura di nuove attività nelle zone meno centrali, è stato più volte il M5s. «Abbiamo tentato, purtroppo invano – sostiene il consigliere pentastellato Paolo Menis –, di dare un contributo costruttivo proponendo, per esempio, l’esenzione della Tari per i commercianti che volessero utilizzare locali sfitti da più di 3 anni. Ogni proposta è stata bocciata dalla maggioranza». —
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