Spazi in piscina, chiesti 2 anni per Abram

Due anni per Roberto Abram, un anno e 6 mesi per la figlia Marzia. È stata questa la richiesta del pubblico ministero Paolo Ancora, in ordine all’ipotesi di abuso d’ufficio in relazione alla gestione delle corsie natatorie della piscina comunale di Monfalcone, durante l’ultima udienza al Tribunale di Gorizia davanti al Collegio giudicante presieduto da Francesca Clocchiatti (a latere Concetta Bonasia e Gianfranco Rozze). Il legale difensore, avvocato Angelo Andrea Aluisi, ha chiesto per padre e figlia l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato.
La vicenda risale al maggio 2013, quando la società che aveva in concessione l’impianto, la General Service della quale Abram era legale rappresentante, aveva riorganizzato gli spazi dedicati alle associazioni, in termini di numeri e orari. Modifiche che comportarono una situazione contrastante tra la GS e l’associazione sportiva Rari Nantes Adria, la quale contestava un trattamento ritenuto dannoso da parte di General Service. Rari Nantes assieme a 14 genitori, rappresentati dal legale avvocato Andrea Pellegrini, si sono costituiti parte civile al processo. Dall’altro lato l’associazione Centro sociale nuoto, presieduta da Marzia Abram, nella quale il padre ricopriva un incarico dirigenziale.
La giovane donna in aula ha reso dichiarazioni spontanee. Ha spiegato di aver iniziato a lavorare in piscina nei primi anni Novanta: «Ho fatto la gavetta facendo le pulizie. Ho studiato, da autodidatta, fino a diventare segretaria part time di General Service». Ha ricordato i rapporti difficili con il padre, «non siamo mai andati d’accordo». E ancora: «Avevo chiesto a mio papà perché voleva cambiare gli orari, non agevoli per nessuno degli utenti. Mi aveva spiegato che era una questione di budget della società, voleva tenere gli orari migliori per il noleggio delle corsie. E che la discussione circa questa sua intenzione con l’amministrazione comunale durò tutta l’estate. A fine agosto non aveva avuto dall’ente locale alcuna risposta. Quindi aveva comunicato al Comune che, vista la situazione, aveva deciso di modificare gli orari». Il pubblico ministero Ancora ha ripercorso gli elementi reputati salienti. «La figlia di Abram all’epoca era socia di minoranza di General Service, che gestiva la piscina in concessione di servizio pubblico per le attività delle associazioni sportive, altresì presidente del Centro sociale nuoto che assieme a Rari Nantes Adria, svolgevano la loro attività nell’impianto natatorio». Ha parlato della modifica in merito alla gestione degli spazi natatori soffermandosi in particolare sull’orario «che era stato anticipato mettendo in difficoltà le associazioni che avevano a che fare con l’attività natatoria dei bambini. Rari Nantes Adria aveva rappresentato al Comune i danni per questo cambiamento. Successivamente – ha proseguito – il Centro sociale nuoto aveva avuto il ripristino dell’orario precedente». Il pubblico ministero l’ha definita «una decisione unilaterale da parte di General Service» che «avrebbe dovuto astenersi. Il tutto – ha aggiunto – nel momento in cui iniziavano le iscrizioni alle associazioni sportive per la nuova stagione. Questo aveva prodotto un vantaggio per il Centro sociale nuoto».
L’avvocato Pellegrini ha evidenziato «l’osservanza da parte di un pubblico funzionario dei suoi compiti» e «del ruolo ricoperto da un gestore in contratto di concessione». Ha sostenuto che Rari Nantes Adria «ha sempre guardato all’interlocutore corretto, cioè l’amministrazione comunale, rappresentando le proprie difficoltà». A margine, ha osservato: «Le parti civili ritengono che sono stati provati tutti i fatti costitutivi del reato necessari a condurre alla condanna richiesta dalla pubblica accusa».
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