Sposa il fidanzato kosovaro dell'amica per fargli ottenere la cittadinanza, condannata
Sei mesi di carcere con la condizionale convertiti in pena pecuniaria per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questo il prezzo pagato per un matrimonio fasullo celebrato a Pristina da una giovane di Precenico. A nulla è valso il pentimento e la confessione al consolato italiano

«Mi fai un favore? Puoi sposare il mio fidanzato kosovaro consentendogli così di entrare in Italia; io non lo posso fare perché sono ancora minorenne». Questa richiesta ha messo nei guai una ragazza di Precenico, Wania G. che ieri è stato condannata con la condizionale a sei mesi di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Alla richiesta dell’amica, Wania non aveva saputo dire «no» ed assieme al suo fidanzato anch’egli residente sul carso triestino, era partita per Pristina. Un matrimonio non si nega a nessuno quando lo scopo dichiarato è quello di aiutare un’amica a coronare il suo sogno d’amore.
Arrivata a Pristina la situazione si era rivelata molto diversa da quella prospettata a Precenico. La festa di matrimonio era già stata organizzata e decine e decine di parenti dello ”sposo” erano già stati invitati alla cerimonia, una sorta di rito collettivo.
«Non me la sento di scambiare l’anello con questa persona. Il matrimonio sembra vero» aveva confidato, Wania più che perplessa al vero fidanzato che era stato presentato ai futuri ”suoceri” come un cugino a cui lei era molto affezionata. Ma la ”marcia indietro”, la rinuncia al matrimonio ormai organizzato e pubblicizzato, non aveva trovato accogliemento tra i kosovari e tantomeno nella famiglia del ”promesso”. Nulla da fare, nessuna possibilità di rinvio. Poi la ragazza di Precenico era stata sottoposta a pressioni pesantissime. «Non ci puoi far fare una simile figura con tutti i nostri parenti. Ne va dell’onore della nostra famiglia. Non possiamo e non vogliamo subire questo sgarro...»
Giocoforza il rito era stato celebrato con grande solennità e la ragazza era diventata la moglie di Ilir P., fidanzato ufficiale della sua migliore amica. Al consolato italiano di Pristina Wania G. qualche giorno più tardi, a festa conclusa, aveva però «confessato» il proprio errore, compiuto per aiutare l’amica minorenne. Il ”visto” di ingresso era stato bloccato e il ”marito” non aveva potuto raggiungere la fidanzata.
La confessione non era però rimasta in un cassetto dell’ufficio del console ed era stata inviata per competenza alle nostre autorità di polizia. Infine era approdata alla Procura della Repubblica di Trieste dove il pm Federico Frezza aveva aperto un fascicolo d’indagine, ipotizzando la violazione della legge sull’immigrazione.
Ieri Wania G. è stata difesa dall’avvocato Pietro Volpe che ha puntato tutte le proprie carte sull’autodenuncia presentata dalla ragazza al Consolato, una autodenuncia che nel 2008 non aveva consentito al marito kosovaro di ottenere il visto di ingresso.
Il giudice Luigi Dainotti è stato di diverso parere e ha accolto la richiesita dell’accusa. Sei mesi di carcere con la condizionale convertiti in pena pecuniaria. Il matrimonio fasullo nel frattempo è stato annullato a Pristina: Wania si è sposata col vero fidanzato che in Kosovo aveva assunto per compiacenza il ruolo di cugino.
L’amica è diventata maggiorenne ed è riuscita a coronare il suo sogno d’amore con Ilir che è diventato dopo lo scioglimento del primo vincolo, il suo vero marito. Le due coppie però non si parlano più, anzi si guardano in cagnesco se per caso si incrociano per strada.
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video