Suicida al Commissariato Almeno 100 casi “abusivi”

L’ucraina impiccata non avrebbe dovuto essere trattenuta così a lungo. Ascoltati quattro poliziotti, acquisiti tutti i fascicoli relativi alle espulsioni di stranieri
Di Claudio Ernè
Foto BRUNI TRieste 09 02 2010 Roberto Gambel Benussi Avv-Pres Ordine Avvocati
Foto BRUNI TRieste 09 02 2010 Roberto Gambel Benussi Avv-Pres Ordine Avvocati

Quattro poliziotti che lavorano all’Ufficio immigrazione della Questura sono stati interrogati ieri mattina dal pm Massimo De Bortoli. Non erano accompagnati da avvocati in quanto sono stati “sentiti” come testimoni.

Uno alla volta sono entrati nello studio del magistrato che - dopo il suicidio di Alina Bonar, la giovane ucraina impiccatasi in una stanza del Commissariato di Opicina due settimane fa - vuole fare chiarezza sulle modalità con cui vengono espulsi i cittadini stranieri. Alina Bonar, secondo quanto è finora emerso, non avrebbe dovuto essere trattenuta tanto a lungo in un posto di polizia. Non avrebbe dovuto essere privata della libertà dopo che il giudice Laura Barresi l’aveva fatta scarcerare dal Coroneo, dove la donna pochi giorni prima aveva tentato di mettere fine per disperazione ai propri giorni. Anche per questo suo conclamato stato di depressione psichica Alina Bonar avrebbe dovuto essere o liberata nei tempi previsti dalla legge o per lo meno sorvegliata attentamente. Invece sotto l’occhio gelido di una telecamera si è impiccata e la registrazione video ha detto che per almeno mezz’ora nessuno si è accorto del suo gesto estremo. Non se n’è accorto nemmeno chi doveva periodicamente osservare le immagini della stanza in cui era rinchiusa la donna, trasmesse su un piccolo schermo. Nell’ambito di questa inchiesta in cui ieri sono stati interrogati i quattro agenti dell’Ufficio immigrazione, sono all’esame degli inquirenti più di cento fascicoli che raccontano la storia e le vicissitudini burocratico-giudiziarie di altrettante persone che sono state bloccate, trattenute, espulse e riaccompagnate alla frontiera nel territorio affidato alla Questura di Trieste.

Un pool di investigatori, di cui fanno parte agenti di polizia e uomini della Guardia di finanza coordinati dal pm Massimo De Bortoli, ha già acquisito nell’archivio del Commissariato di Opicina tutti i documenti collegati a queste cento e più espulsioni. Altrettanti documenti sono stati acquisti dallo stesso pool di investigatori negli uffici di via del Coroneo del Giudice di pace che per legge deve convalidare alla presenza di un avvocato difensore, il decreto di espulsione emesso dalla Prefettura.

Le acquisizioni di questo centinaio di fascicoli consentiranno di verificare se le procedure adottate fin dallo scorso agosto dalla Questura, e in dettaglio dall’Ufficio immigrazione, hanno sempre rispettato i tempi e le procedure scansite dalla legge. Per Alina Bonar questo sembra non essere accaduto e il coordinatore dei giudici di pace, Francesco Pandolfelli, sentito come testimone dal pm Massimo De Bortoli, ha precisato che i suoi uffici erano pronti a organizzare l’udienza e a convocare il difensore di Alina Bonar, ma nessun documento è mai arrivato fino a lunedì mattina dalla Questura. L’inchiesta al momento è protocollata come “atti relativi”. In sintesi non ci dovrebbero essere ancora indagati. Certo è che se le ipotesi investigative dovessero trovare conferma, la scelta ricadrebbe sull’arresto arbitrario o sul sequestro di persona.

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