Sulla freccia Gradisca divisa

GRADISCA. «La freccia misteriosa? Una panzana». Vinicio Tomadin, gradiscano e ispettore onorario della Soprintendenza per la provincia di Gorizia, non può certo tradire il suo rigore scientifico quando gli chiediamo lumi sulla vicenda del presunto dardo conficcato in un platano che tanto ha appassionato i suoi concittadini. «Quegli alberi non hanno più di 150 anni e su questo vi sono ben pochi dubbi visto che i documenti dimostrano che le prime essenze sono state piantate a partire dal 1863, con l'abbattimento di parte delle mura», spiega.
E su questo in effetti c'erano pochi dubbi. Eppure tre generazioni di gradiscani si sono tramandate la favola della freccia misteriosa. «Di frecce da arco o da balestra ne ho ritrovate molte nel mio percorso - ci dice - e tutte avevano solo la punta in ferro, ma il corpo sporgente in legno. Esso quindi avrebbe dovuto deteriorarsi negli anni. Senza contare che frecce e balestre non erano in uso in periodi più recenti. Quello è semplicemente un perno in ferro, utilizzato per qualche lavoro botanico».
Un mistero, però, rimarrà per sempre: chi (e quando) abbia originato la leggenda metropolitana. A ogni modo Paolo Turco, storico giardiniere comunale, conferma. «La storiella l'ho sentita anche io, nelle sue varianti. Ma al di là della perplessità temporale - gli alberi dei giardini hanno in media un secolo, un secolo e mezzo - ricordo che i colleghi più anziani mi avevano spiegato che quello altro non è che una specie di gancio utilizzato per qualche intervento sugli alberi. E che è sempre stato lasciato nel tronco. La pianta è creatura viva, una freccia con parti in legno sarebbe stata smangiata nel corso dei decenni».
Anche il vicesindaco e assessore alla Cultura Paolo Bressan conosce bene la leggenda del dardo. «E la trovo anche affascinante, nella sua ingenuità. Ricordo che fu il compianto maestro Geat, figura fondamentale del panorama culturale cittadino, a mostrarci da ragazzi quel pezzo di ferro conficcato nel platano della Rotonda - racconta -. Ma ricordo anche che, con molta prudenza, ci fece ragionare sulle incongruenze temporali. Diciamo che sotto questo aspetto la presunta freccia ha avuto in ogni caso un valore educativo. È bello che una storia come questa, per quantopoco verosImile, abbia comunque un'attinenza e una coerenza con la ricca storia della città. Se è servita alle giovani generazioni per farsi qualche domanda sulle origini di Gradisca, o a riscoprire un'identità e un senso di appartenenza, ben venga».
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