Tangenti Mose, in Croazia parte del tesoro dell'ex doge Galan

Riciclaggio di beni all'estero, sequestrati oltre 12 milioni di euro
Giancarlo Galan ANSA/CESARE ABBATE/
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Ecco come abbiamo trovato il tesoretto di Giancarlo Galan

VENEZIA - Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell'ambito di un'indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, riguardante il reinvestimento all'estero delle tangenti incassate dall'ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan. Nell'indagine, che coinvolge sei persone, sono coinvolti due commercialisti padovani nel ruolo di prestanome.

I finanzieri hanno allargato il raggio dell'indagine partito da Galan e giungendo ad altri imprenditori veneti, grazie all'esecuzione di una rogatoria in Svizzera. Dopo il "giro" in diversi conti correnti esteri, le somme sono rientrate nella disponibilità degli imprenditori veneti, che le hanno utilizzate per effettuare investimenti, tra cui molti di natura immobiliare, in appartamenti di lusso a Dubai e in fabbricati industriali in Veneto.

Giancarlo Galan ANSA/CESARE ABBATE/
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La ricostruzione dei flussi di denaro legati al Mose e riconducibili a Galan, secondo fonti della Procura della Repubblica di Venezia, è partita dallo studio del commercialista padovano Paolo Venuti, uomo di fiducia dell'ex Governatore veneto e ministro. Venuti era finito nella rete delle 35 persone arrestate nel 2014 dalla Guardia di finanza per le tangenti sul Mose. Finito in carcere, ne era uscito riconoscendo davanti ai Pm Stefano Ancillotto (che coordina anche l'inchiesta in corso) e Stefano Buccini di essere stato il prestanome di Galan per quanto riguardava il denaro probabile frutto di tangenti. Gli altri cinque indagati, sempre secondo la Procura lagunare, rientrano nella cerchia dello studio del professionista e delle loro conoscenze.

Il maxi riciclaggio scoperto oggi  giovedì 11 aprile dalle Fiamme gialle di Venezia è stato scoperto "pedinando" una cifra di 1,5 milioni di euro che Galan aveva affidato agli indagati, ma per la quale ha già pagato il conto in sede processuale. Di fatto, come riferisce il Procuratore aggiunto titolare dell'inchiesta, Stefano Ancillotto, tutto parte da una intercettazione dell'indagata Alessandra Farina. Questa parla di denaro in Croazia, transitato per la Svizzera, affidatole a suo tempo da Galan, che nel frattempo ha patteggiato con il Gup per la vicenda Mose e rimane estraneo alla vicenda di oggi.

Sulla scorta di questa intercettazione, i finanzieri hanno avviato una serie di attività investigative risalendo a numerosi imprenditori veneti che si avvalevano degli stessi commercialisti per reinvestire il frutto dell'evasione fiscale. Gli stessi imprenditori, che intanto avevano avviato le procedure per mettersi in regola con l'erario, o si erano avvalsi dello scudo fiscale, hanno raccontato del gruppo di sei che li aveva favoriti, portando i baschi verdi allo studio dei commercialisti padovani e ai due broker svizzeri. 

È stato quantificato in oltre 29 milioni e 300mila euro il totale delle somme, frutto di evasione fiscale, gestito dai commercialisti indagati per riciclaggio per conto degli imprenditori veneti che sfruttavano il «sistema» scoperto seguendo il reinvestimento dei fondi riconducibili a Galan.

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