Teatro in cimitero, musulmani insorgono

AQUILEIA. La scuola organizza una rappresentazione teatrale, ispirata al ricordo della Grande Guerra, all’interno del Cimitero degli Eroi di Aquileia, ma un gruppo di genitori maghrebini non gradisce e minaccia di non far partecipare i propri figli. A detta delle famiglie nordafricane la collocazione della rappresentazione in un luogo sacro come il camposanto dei caduti poteva configurarsi come un atto di culto. È successo, nei giorni scorsi, nella città romana. Alla fine, grazie all’intervento delle insegnanti e del dirigente scolastico, il “caso” è stato risolto, ma continua a far discutere.
«Nello scenario silenzioso ed emozionante del Cimitero degli Eroi – spiega il preside, Aldo Durì – gli allievi della scuola secondaria di primo grado “Pio Paschini” hanno messo in scena una rappresentazione commovente, ispirata al ricordo della Grande Guerra, alle paure e ai fantasmi di un passato doloroso. Nello spazio antistante il campanile, le ragazze vestite a lutto e i ragazzi in divisa hanno comunicato con ispirata passione la sofferenza. La lettura di brani e lettere dal fronte hanno esplicitato il messaggio di pace che la rappresentazione si proponeva di diffondere».
La pièce teatrale, intitolata “Cara mamma ho fatto il mio dovere”, si è conclusa con una visita al Cimitero degli Eroi, dove è stata rievocata l’epopea del Milite ignoto, tema dell’incontro che si terrà in Westfalia, nell’ambito del progetto Erasmus “Insegnare la Guerra, educare alla pace”.
Proprio rispetto a questa visita sono sorti i problemi. Alla rappresentazione hanno assistito anche le classi quinte delle elementari di Terzo e i genitori di alcuni di questi bambini hanno fatto nascere il caso. «Alcune famiglie maghrebine – conferma il preside – sono state indotte a credere che la collocazione della rappresentazione in un luogo sacro potesse configurarsi come un atto di culto. Alla fine il buon senso ha prevalso, anche grazie all’opera di convincimento delle maestre, ma fino all’ultimo minuto la partecipazione all’evento di alcuni bambini è stata in dubbio. L’equivoco forse è stato generato dalle croci in ferro che sorgono sulle tombe o dalla contiguità del cimitero con la Basilica. L’episodio appare come un sintomo di un arroccamento identitario di cui tanti fatti sono la spia».
Nei giorni scorsi, in una scuola superiore della Bassa, sono stati puniti alcuni allievi stranieri che hanno opposto a un giustificato richiamo dell’insegnante l’epiteto di razzista. «In un’altra classe, invece – aggiunge Durì – è risuonato provocatoriamente il grido di Allah Akbar. Sono segni da non sottovalutare. In un momento di grave crisi, circondati spesso dall’ostilità e dal sospetto, gli immigrati maghrebini tendono a chiudersi, a ostentare i segni dell’appartenenza, a sentirsi rifiutati. Diffidenza genera diffidenza e persino odio. È urgente che la scuola moltiplichi le iniziative di dialogo, integrazione e reciproca comprensione».
Elisa Michellut
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