Terza finestra sul corso del Timavo. Dieci anni di scavi per arrivare al fiume
È la terza finestra aperta dopo 10 anni di scavi. Servirà a studiare l’inquinamento. L’abisso Luftloch si estende sotto una dolina posta accanto all’enorme discarica di Trebiciano. L’impresa sportivo-scientifica compiuta dai giovani speleologi Restaino e Slama

Grotta del Timavo
TRIESTE
. Un soffio prepotente d’aria che esce dal suolo carsico; una serie di pozzi che scendono fino a 240 metri di profondità. Tracce di sabbia e limo depositate nella parte bassa dei meandri; un rumore sordo percepito durante alcune discese nell’abisso.
Sono questi gli ”indizi” che hanno consentito agli esploratori della Società Adriatica di Speleologia di individuare un enorme cavernone sul fondo del quale scorre il fiume Timavo. È la terza ”finestra” sul percorso misterioso di un fiume che da un paio di secoli centellina a fatica i propri tratti somatici: si nega, si nasconde, offre dettagli ambigui.
La nuova ”finestra” attraverso la quali si potrà definire meglio il percorso e la fisionomia del Timavo, si affianca a quella storica dell’abisso di Trebiciano, esplorato completamente 170 anni fa e a quella più recente del ”Lazarus Jerko”, individuato a 290 metri sotto terra nei pressi del laghetto di Percedol da un gruppo di non più giovanissimi soci della Commissione Grotte dell’Alpina della Giulie. Era il novembre del 1999.
La nuova ”finestra” o meglio il nuovo abisso che scende verso il corso del fiume è stato ”battezzato” ”Luftloch” che una volta tradotto dal tedesco significa grotta soffiante. La sua individuazione ed esplorazione va ascritta alla tenacia e alle capacità di due giovani speleologi: Marco Restaino e Piero Slama hanno iniziato a scavare nel Duemila - all’epoca non avevano nemmeno vent’anni - sul fondo fangono della dolina delle Cloce, posta a un chilometro di distanza dall’ingresso dell’abisso di Trebiciano e a pochi metri dal limite della ”collina della vergogna” dove per più di vent’anni il Comune di Trieste ha depositato tutti i rifiuti dalla città.
«La caverna dove scorre il Timavo non l’abbiamo ancora fisicamente raggiunta. È questione di pochi giorni o di un paio di settimane» spiega Marco Restaino che a questa impresa sportivo- scientifica dedica assieme all’amico e a un un altro gruppo di speleologi, gran parte se non tutto il proprio tempo libero. «L’acqua del Timavo l’abbiamo già incontrata il 19 settembre 2010 durante l’esplorazione dell’ultimo pozzo. Stava salendo verso la superficie, spinta da una piena eccezionale seguita a piogge torrenziali».
Le altre prove dell’esistenza del cavernone in cui scorre il fiume, sono chiare, cristalline. Eccole: le sabbie depositate negli anfratti più profondi; i limi individuati sulle pareti di roccia; la presenza nei pozzi di un insetto carabide - lo Pterostichus - proveniente dalla valle del Timavo Superiore. Ultima prova decisiva, il soffio prepotente dell’aria spinta in superficie dalla piena del fiume. Quanto più vasto è il cavernone, tanto maggiore in caso di aumento del livello del fiume, è la massa d’aria convogliata verso la superficie carsica.
Il fiume di comporta come un immenso pistone. Nella dolina della Cloce dall’attuale apertura dell’abisso protetta da una botola, durante le piena il soffio raggiunge una velocità di cento chilometri all’ora. Dall’abisso di Trebiciano in analoghe situazioni la velocità è ancora superiore e sfiora i 150 chilometri. Una Bora sotterranea. Questo, secondo gli speleologi, ha un preciso significato. La caverna che sta per essere raggiunta nell’abisso ”Luftloch”, ha una dimensione dimezzata rispetto a quella enorme in cui il 6 aprile 1841 si affacciò per la prima volta Federico Lindner. Con una torcia in mano illuminò le immense dune di sabbia e le acque del corso dei Timavo.
Gli esploratori di 170 anni fa, erano scesi nelle viscere del Carso alla ricerca dell’acqua, necessaria, anzi indispensabile per la vita e lo sviluppo di Trieste. Oggi gli speleologi dell’Adriatica cercano di raggiungere il Timavo per verificare se i rifiuti depositati senza alcuna precauzione per vent’anni nelle doline e nella landa carsica di Trebiciano, possono aver inquinato il corso del fiume. A Nord, oltre le Grotte di San Canziano, da tempo le concerie hanno chiuso i battenti e l’acqua è ritornata trasparente, adatta all’agricoltura, agli animali e agli uomini. Resta da capire se l’enorme massa di rifiuti urbani triestini sta versando nelle fessure della roccia carsica e quindi nel fiume che scorre in profondità, i propri miasmi, i propri veleni.
In sintesi la speleologia, come spiega il presidente dell’Adriatica Sergio Dambrosi, sta ritornando agli albori della propria storia. Gli esploratori oggi cercano l’acqua in profondità, perché quella superficiale ha in buona parte già subito l’insulto e la bestemmia dello ”sviluppo”, dei prelievi indiscriminati. e dell’inquinamento. Anche lo storia parla chiaro: chi governa l'acqua, comanda.
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