Crisi Tirso, partiti i 45 giorni per il licenziamento collettivo: in bilico il futuro di 170 lavoratori
Avviata la procedura che potrebbe portare ai licenziamenti dal 30 settembre. I sindacati sperano in un’intesa o in un salvataggio in extremis, ma per ora nessun acquirente all’orizzonte

A poco più di due mesi dalla scadenza della cassa integrazione straordinaria, per i 170 dipendenti della Tirso di Muggia la situazione resta ancora sospesa. Ieri è iniziata la procedura che il prossimo 30 settembre porterà, se non sopraggiungeranno eventuali nuovi acquirenti, al licenziamento collettivo dei lavoratori facenti parte dell’azienda del settore tessile e parte del gruppo Fil Man Made.
In questa prima fase, iniziata nei giorni scorsi e che, secondo i termini di legge ha una durata di 45 giorni, le parti cercheranno di raggiungere autonomamente un accordo che stabilisca modalità di gestione e numero degli esuberi. In mancanza del quale si aprirà una fase amministrativa della durata di altri 30 giorni. Esaurito anche questo periodo, a partire dal prossimo 30 settembre l’impresa avrà la facoltà di procedere ai licenziamenti, secondo le disposizioni di legge.
Intanto ieri pomeriggio si è tenuta una riunione tra i rappresentanti dei lavoratori della Tirso, che ha sancito la procedura straordinaria che scadrà il 30 settembre. «Si è trattato di un incontro formale - spiega Anna Furlan della Cisl - nel corso del quale si è preso semplicemente atto che lo scorso 15 luglio è iniziata la procedura per il licenziamento collettivo secondo quanto prescritto dalla legge. L’azienda ancora dieci giorni fa aveva avvisato che avrebbe iniziato questa procedura e, una volta trascorsi i 45 giorni che come da legge scadono il prossimo 28 agosto, le parti si incontreranno nuovamente. Se non ci saranno novità si aprirà la fase di confronto amministrativo con l’assessore al Lavoro Alessia Rosolen».
Il rischio sempre più concreto, pertanto, è che a decorrere dal 30 settembre possano scattare i licenziamenti per i 170 dipendenti della Tirso. «Solo dopo la fine di questi 30 giorni l’azienda potrà iniziare a licenziare - aggiunge Andrea Rizzo della Uil - per quanto ci riguarda nel corso di quel lasso di tempo noi come Uil proveremo a utilizzare ogni singolo giorno per arrivare a una soluzione». La crisi nel frattempo rimane irrisolta.
«Ovviamente i tempi tecnici per un salvataggio in corner ci sono - prosegue Furlan - quindi se ci dovesse essere una soluzione positiva della crisi, ci sarebbero i termini sia per annullare il procedimento di licenziamento collettivo sia per iniziare una nuova trattativa».
Al momento non c’è un interessamento formale per rilevare l’azienda muggesana. «Esiste un sondaggio da parte di un imprenditore che opera nel settore metalmeccanico - aggiunge Rizzo - ma credo che il riserbo in questo momento sia doveroso, anche per non creare false aspettative».
Interpellata a riguardo l’assessore regionale Rosolen, conferma solo che «la Regione sta lavorando ogni giorno per la risoluzione positiva della Tirso». Una crisi che è iniziata nell’estate del 2024 con la cassa integrazione a zero ore per i 170 dipendenti, la crisi si è aggravata nei mesi successivi con ritardi nei pagamenti degli stipendi, mancate comunicazioni aziendali e un clima di crescente preoccupazione tra i sindacati. Una prima ipotesi di cessione dell’azienda aveva inizialmente alimentato le speranze: a inizio 2025, le prime voci positive relative a un possibile salvataggio da parte del Gruppo Roncadin.
Nel frattempo si arriva a maggio, quando la realtà della Destra al Tagliamento che produce pizze surgelate decide di interrompere il percorso intrapreso per l’acquisizione del ramo d’azienda della Tirso e la conseguente garanzia della salvaguardia industriale e occupazionale del sito muggesano.
Già ad ottobre dello scorso anno l’amministratore delegato del gruppo aveva riferito che la richiesta pervenuta dalla Regione Fvg di valutare la possibilità di rilevare il fabbricato era giunta in un momento in cui la realtà stava già valutando altre opportunità. Il gruppo pordenonese all’epoca aveva parlato di un “progetto particolarmente complesso” a causa principalmente “degli altissimi costi che comporta trasformare un’industria del settore tessile in una alimentare”.
Ecco che diventa determinante il prossimo settembre capire quale sarà il futuro dei 170 dipendenti dell’azienda muggesana.
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