Tordi, merli e cesene usati come esche, la protesta animalista
Sotto accusa la scelta della Regione di autorizzare la cattura di uccelli selvatici da trasformare in richiami per la caccia. "Ennesimo regalo alle lobby venatorie"

La vicenda. Imprigionare uccelli selvatici da far riprodurre in cattività e usare poi come "richiami vivi" nelle battute di caccia. È quanto la Regione ha consentito di fare a partire dalle scorse settimane, autorizzando la cattura di merli, cesene e tordi mediante l'uso di reti, affinché due impianti (uno a Porcia, l'altro a Tricesimo) provvedano all'allevamento di uccelli destinati a rimanere ingabbiati per sempre, diventando richiami viventi per l'attività venatoria. Perché, come recita il Bollettino ufficiale, gli allevamenti al momento «non risultano in grado di soddisfare la richiesta» dei cacciatori. Il testo stesso della norma ammette che la cattura dei volatili si rende necessaria per impedire che i cacciatori si procurino da sé gli esemplari in questione: una pratica ormai proibita per gli uccellatori, che legalmente possono servirsi soltanto di specie allevate. Per soddisfare la domanda gli allevatori hanno però bisogno di esemplari da far riprodurre e così la Regione ha dato il via libera alle catture, fissando il tetto in 72 merli, 67 cesene, 100 tordi bottacci e 107 tordi sasselli.
Tordi e merli usati come esche, animalisti sul piede di guerra
Le posizioni animaliste. Secondo le associazioni animaliste, il via libera contraddice tanto le direttive europee del 2014 sulla tutela degli uccelli migratori, quanto la legge nazionale dell'anno scorso sugli animali selvatici, che ha vietato la cattura di volatili per mezzo di rete. Per Guido Iemmi, referente regionale della Lav «quanto deliberato dalla Regione appare come un tentativo surrettizio di reintrodurre l'uccellagione vietata dallo scorso anno, dopo che l’Ue aveva aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia. Anziché emanare provvedimenti per la protezione della fauna selvatica, la Regione sembra molto più impegnata a rispondere con solerzia a ogni richiesta del mondo venatorio. Segnaleremo il caso alla Commissione europea e chiederemo l'intervento del ministero dell'Ambiente».
I presidente nazionale della Lipu, Fulvio Mamone Capria, dice che il governo deve annullare l'atto: «Resta l'incredulità di fronte al fatto che, per la pressione di pochissimi, una Regione presti il fianco a un'attività violenta e fuori dal tempo».
Sulla stessa linea, Animalisti Fvg, promotrice di una campagna di mail bombing per protestare contro la decisione: «La Regione sta facendo l'ennesima regalia alla lobby venatoria. Diciamo stop alla cattura e alla detenzione dei richiami vivi, contraria al Trattato di Lisbona che riconosce gli animali quali esseri senzienti. La stessa detenzione dei richiami vivi è di per sé una condizione di forte violenza sugli uccelli, costretti in gabbie minuscole per tutta la vita, in ambienti bui per lunghe fasi dell'anno, con gravi danni fisici e comportamentali: una pratica ormai inaccettabile per la cultura contemporanea».
Cosa risponde la Regione. L'assessore alla Caccia, Paolo Panontin, difende tuttavia l'iniziativa, che ritiene invece rispettosa delle norme vigenti: «La direttiva europea prevede la possibilità di autorizzare le deroghe per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità. Tale possibilità viene ribadita anche da una recente circolare del ministero dell'Ambiente. Non si tratta quindi in maniera più assoluta di autorizzare la pratica indiscriminata dell'aucupio (cattura di volatili con la rete, ndr)».
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