Torturato e ucciso, l’assassino su Facebook "Io come Totò Riina"

Console sul web: "La mia vendetta sarà inesorabile se non saprò dominarmi". A processo con Cavalli per episodi del 2008
Giuseppe Console e Alessandro Cavalli
Giuseppe Console e Alessandro Cavalli

TRIESTE. La casa in cui Giovanni Novacco ha trovato una morte orribile non è stata scelta a caso. Lì, in via Gemona 5, diversi anni fa - prima che quelle case dell’Ater venissero definitivamente dismesse - abitava Alessandro Cavalli, uno dei due accusati dell’omicidio del giovane. «Risulta che Cavalli abitasse lì anche dagli atti del processo che mi vede coinvolto», assicura Franco Gioseffi, vittima nel 2008 di minacce e danni da parte di Giuseppe Console e di altri quattro uomini, tra cui appunto Cavalli: «Quei ragazzi avevano già dato segnali di disagio, andavano fermati prima: un ragazzo ora ha perso la vita», dice Gioseffi. I fatti ai quali si riferisce hanno portato i cinque a un processo - apertosi lo scorso giugno - per una serie di episodi, dalle minacce di morte ai danneggiamenti, dalla diffamazione alle molestie.

Del resto, chi ha conosciuto Console lo descrive come un bullo, uno che ha voglia di comandare, presuntuoso, arrogante ma al primo impatto anche simpatico, burlone. Nel rione di Gretta ci sono giovani che ricordano come Console fin da ragazzino abbia rivestito quel ruolo, spaventandone e perseguitandone molti. Non a caso il suo mito, il suo ideale, il suo personaggio di riferimento - come si può cogliere leggendo la sua pagina Facebook - è Totò Riina, il “capo dei capi”.

Quel giovane di 24 anni oggi ricercato dagli inquirenti per l’omicidio di Novacco ha intitolato la sua pagina Facebook “Beppe Riina”. Eloquente la foto del suo profilo: lui con i capelli un po’ più lunghi degli anni passati, ricci, che punta una pistola verso l’obiettivo e si definisce disoccupato a vita. E poi ancora lui, ritratto con chi oggi è accusato di averlo affiancato nel delitto di via Gemona: Console e Cavalli, abbracciati, l’aria spavalda, entrambi con due armi tenute vicino al petto.

Immagini inquietanti, così come inquietanti sono le frasi che Console scrive sulla sua bacheca di Facebook e che fanno intendere come l’orribile vicenda consumatasi l’altra notte non possa essere stata soltanto il frutto di una serata finita tragicamente, dell’assunzione di stupefacenti o di una vendetta decisa su due piedi. «Ho fame... come tre anni fa», scrive riferendosi probabilmente agli atti vandalici del 2008. E poi: «La mia vendetta sarà inesorabile se non saprò dominarmi»; «La miglior vendetta è quella che uno si fa da solo». E ancora, accanto a una foto che ritrae una scena del film sulla vita di Totò Riina, il commento: «Presto anche io sarò così».

Un ventitreenne, amante della boxe, che vede in uno dei mostri della cronaca italiana il suo mito. E che scrive «mi piace» anche sulla pagina dedicata a Bernardo Provenzano.

Del resto, come si diceva, sia Console che Cavalli erano stati chiamati lo scorso giugno alla sbarra assieme ad altri tre uomini per una serie di episodi datati 2008: rinviati a giudizio. Tirapugni di metallo esibiti pronunciando minacce pesantissime («Chi si mette contro di me fa una brutta fine»), inseguimenti per le strade, danneggiamenti. E all’orizzonte c’era un altro dibattimento che stava per aprirsi per fatti più recenti, sempre accaduti a Roiano: un incendio che l’accusa riteneva doloso. La ripresa del processo era stata fissata per novembre. Ma adesso, sulle teste di Cavalli e Console pende un’accusa ben più pesante: quella della morte di un uomo.

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