Trieste, in via Baiamonti gli sciacalli violano il rudere

TRIESTE. Come nelle peggiori catastrofi. Approfittano dei disastri, delle disgrazie della gente, e rubano quello che possono. Di notte, lontani da occhi indiscreti. Sciacalli. Non è chiaro cosa abbiano potuto trovare qui, in via Baiamonti, tra i cumuli di macerie. Ma qualcuno deve essersi avventurato per cercare roba. «Vede quell’elettrodomestico? Ecco, prima non era aperto e stava un po’ di metri più in là…», racconta una passante.
Uno scaldabagno? Un condizionatore? Difficile capire. L’hanno spostato, manomesso, forse per strappare i cavi o i componenti elettrici, chissà. Sta sopra i calcinacci, non lontano dalla strada, scaraventato dall’esplosione di quel primo pomeriggio di tre mesi fa. Era il 20 febbraio, attorno alle 14 e 30. Un boato e la palazzina al civico 71 che scoppia. Una fuga di gas dalla cucina dell’appartamento al secondo piano, che è costata la vita ad Aldo Flego, 76 anni, travolto dal crollo del tetto e delle pareti. Gravemente ferita la sorella, l’ottantaseienne Marcella Flego. E la vicina, Filomena Gallone di 66 anni, che abitava sotto. Un disastro.
Calcinacci, cemento, infissi, vetri dappertutto, sopra alle auto e agli scooter parcheggiati nelle vicinanze. Uno choc per il rione. E per Elvi Sedmak, la fioraia del pianterreno, che si è salvata. «A me hanno rubato vasi, cesti, piante...quello che c’era fuori», accusa. Duemila euro in tutto, stima, che ha denunciato ai carabinieri. Poco o nulla rispetto a quanto dovrà pagare, lei come gli altri inquilini. Perché dopo il dissequestro dell'area, avvenuto a metà marzo, il Comune ha emesso un’ordinanza intimando le tre famiglie – lei, Filomena Gallone e Marcella Flego – a mettere in sicurezza l’immobile. Significa demolirlo. Ci vogliono, a spanne, tra i 40 e i 50 mila euro. Lo stabiliranno le ditte che si sono occupate delle perizie. Fintanto che non si butterà giù tutto, e chissà se mai si ricostruirà di nuovo qualcosa, lo scempio resterà così. Come un enorme cantiere a cielo aperto, o come una casa bombardata.
Sembra una scena di guerra: mattoni, polvere, pezzi di pietra attaccati per miracolo a cavi di ferro che penzolano da quel che rimane dei cornicioni. La voragine sul tetto. «Tutto fermo, ancora tutto fermo – dice sconsolata la fioraia – in queste settimane stiamo facendo fare i preventivi, tutto a nostre spese». Come di tasca sua, e dei vicini, sarà appunto la demolizione. In mezzo c’è un’inchiesta della magistratura per le ipotesi di reato di disastro e omicidio colposo. Indagati i due tecnici che avevano iniziato a installare il piano cottura della cucina, un idraulico e la stessa Marcella, affittuaria dell’appartamento in cui è avvenuta la tragedia.
Proprio oggi, in una riunione condominiale tra la fioraia, il figlio della vittima, la signora Filomena e gli avvocati, si cercherà di capire cosa fare per rimuovere quel che resta. «Io – spiega Elvi Sedmak – non mi aspettavo di pagare perché io ho subìto il danno. Ma fino a quando non si stabilirà il colpevole, dovrò mettere anch’io la mia parte per abbattere la casa».
L’assessore comunale Elena Marchigiani allarga le braccia: «Dal momento che si tratta di un proprietà privata si deve tutelare l’interesse pubblico e quindi dobbiamo chiedere di mettere l’edificio in sicurezza - spiega -. Il contenzioso è tra loro». Da quel 20 febbraio Elvi non è mai rientrata nella sua fioreria: «Non è permesso e non ho potuto recuperare nulla».
Non riaprirà più lì, ora sta cercando altrove per rimettere in piedi l’attività. La gente pare averci fatto ormai l’abitudine a convivere con la casa diroccata. Non protestano, non più di tanto. «Certo, abbiamo davanti questo disastro – commenta Claudia, che abita in Vicolo della Salvia – ma se penso a chi ha perso tutto…». L’esplosione ha seminato vetri fino al suo giardino, ancora oggi se li trova intorno. Di fronte ha una casa in brandelli, delimitata dal nastro rosso e bianco dei Vigili del fuoco. Gli sciacalli forse sono entrati dal lato che dà su via Salvi: una porta ora è sbarrata con un paio di travi in legno. Davanti, nel cortile, una macchina schiacciata dai detriti.
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