Trieste, in via Baiamonti gli sciacalli violano il rudere

Ignoti rubano ciò che trovano fra le macerie della casa esplosa nel febbraio scorso. E la fioraia cerca una sede altrove
L’edificio al civico 71 di via Baiamonti distrutto dall’esplosione (foto di Andrea Lasorte)
L’edificio al civico 71 di via Baiamonti distrutto dall’esplosione (foto di Andrea Lasorte)

TRIESTE. Come nelle peggiori catastrofi. Approfittano dei disastri, delle disgrazie della gente, e rubano quello che possono. Di notte, lontani da occhi indiscreti. Sciacalli. Non è chiaro cosa abbiano potuto trovare qui, in via Baiamonti, tra i cumuli di macerie. Ma qualcuno deve essersi avventurato per cercare roba. «Vede quell’elettrodomestico? Ecco, prima non era aperto e stava un po’ di metri più in là…», racconta una passante.

Uno scaldabagno? Un condizionatore? Difficile capire. L’hanno spostato, manomesso, forse per strappare i cavi o i componenti elettrici, chissà. Sta sopra i calcinacci, non lontano dalla strada, scaraventato dall’esplosione di quel primo pomeriggio di tre mesi fa. Era il 20 febbraio, attorno alle 14 e 30. Un boato e la palazzina al civico 71 che scoppia. Una fuga di gas dalla cucina dell’appartamento al secondo piano, che è costata la vita ad Aldo Flego, 76 anni, travolto dal crollo del tetto e delle pareti. Gravemente ferita la sorella, l’ottantaseienne Marcella Flego. E la vicina, Filomena Gallone di 66 anni, che abitava sotto. Un disastro.

Calcinacci, cemento, infissi, vetri dappertutto, sopra alle auto e agli scooter parcheggiati nelle vicinanze. Uno choc per il rione. E per Elvi Sedmak, la fioraia del pianterreno, che si è salvata. «A me hanno rubato vasi, cesti, piante...quello che c’era fuori», accusa. Duemila euro in tutto, stima, che ha denunciato ai carabinieri. Poco o nulla rispetto a quanto dovrà pagare, lei come gli altri inquilini. Perché dopo il dissequestro dell'area, avvenuto a metà marzo, il Comune ha emesso un’ordinanza intimando le tre famiglie – lei, Filomena Gallone e Marcella Flego – a mettere in sicurezza l’immobile. Significa demolirlo. Ci vogliono, a spanne, tra i 40 e i 50 mila euro. Lo stabiliranno le ditte che si sono occupate delle perizie. Fintanto che non si butterà giù tutto, e chissà se mai si ricostruirà di nuovo qualcosa, lo scempio resterà così. Come un enorme cantiere a cielo aperto, o come una casa bombardata.

Sembra una scena di guerra: mattoni, polvere, pezzi di pietra attaccati per miracolo a cavi di ferro che penzolano da quel che rimane dei cornicioni. La voragine sul tetto. «Tutto fermo, ancora tutto fermo – dice sconsolata la fioraia – in queste settimane stiamo facendo fare i preventivi, tutto a nostre spese». Come di tasca sua, e dei vicini, sarà appunto la demolizione. In mezzo c’è un’inchiesta della magistratura per le ipotesi di reato di disastro e omicidio colposo. Indagati i due tecnici che avevano iniziato a installare il piano cottura della cucina, un idraulico e la stessa Marcella, affittuaria dell’appartamento in cui è avvenuta la tragedia.

Proprio oggi, in una riunione condominiale tra la fioraia, il figlio della vittima, la signora Filomena e gli avvocati, si cercherà di capire cosa fare per rimuovere quel che resta. «Io – spiega Elvi Sedmak – non mi aspettavo di pagare perché io ho subìto il danno. Ma fino a quando non si stabilirà il colpevole, dovrò mettere anch’io la mia parte per abbattere la casa».

Lavori nella cucina prima dell’esplosione
Nella foto del lettore Andrea Nemaz (che ringraziamo) il prima e il dopo la tragedia di via Baiamonti

L’assessore comunale Elena Marchigiani allarga le braccia: «Dal momento che si tratta di un proprietà privata si deve tutelare l’interesse pubblico e quindi dobbiamo chiedere di mettere l’edificio in sicurezza - spiega -. Il contenzioso è tra loro». Da quel 20 febbraio Elvi non è mai rientrata nella sua fioreria: «Non è permesso e non ho potuto recuperare nulla».

Non riaprirà più lì, ora sta cercando altrove per rimettere in piedi l’attività. La gente pare averci fatto ormai l’abitudine a convivere con la casa diroccata. Non protestano, non più di tanto. «Certo, abbiamo davanti questo disastro – commenta Claudia, che abita in Vicolo della Salvia – ma se penso a chi ha perso tutto…». L’esplosione ha seminato vetri fino al suo giardino, ancora oggi se li trova intorno. Di fronte ha una casa in brandelli, delimitata dal nastro rosso e bianco dei Vigili del fuoco. Gli sciacalli forse sono entrati dal lato che dà su via Salvi: una porta ora è sbarrata con un paio di travi in legno. Davanti, nel cortile, una macchina schiacciata dai detriti.

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