Trieste, la crisi travolge il sociale: chiusa la Polis

Si tratta della cooperativa che aveva anche la mini-impresa di panificazione attiva in carcere. Oggi un incontro fra ex soci
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 09/07/11 - Carcere Coroneo, Panificio
Lasorte Trieste 09/07/11 - Carcere Coroneo, Panificio

Morta una cooperativa, se ne farà un’altra. Non più propriamente una cooperativa ma, con ogni probabilità, una Srl che ne assorbirà non tutta ma parte delle attività e dei dipendenti. L’importante però è fare presto, bruciare le tappe perché chi è finito per strada non ha il paracadute sociale della cassa integrazione, ad esempio.

Per questo oggi è prevista una riunione che le programmi, queste tappe. La fine (già scritta) e la rinascita (da scrivere) appartengono alla parabola della cooperativa sociale Polis, nata nel 2009 nel “ramo pane” sotto l’ala protettiva dell’Acli di Trieste col nobile scopo di offrire un impiego anche a persone in stato di svantaggio sociale, che ha chiuso i battenti a giugno lasciando appunto per strada nove lavoratori. La Polis aveva tre attività: Bread&Bar, la mini-impresa di panificazione che dava una prospettiva anche ad alcuni detenuti del Coroneo, è finita in liquidazione volontaria a inizio anno, poi è toccato allo storico ex forno Canciani di via dell’Istria, chiuso dopo quasi un secolo, e quindi l’effetto domino ha toccato il bar dell’Enaip.

La sfida era stata lanciata in origine dai tre soci fondatori, Erica Mastrociani, attuale presidente Acli, Luca Codega, figlio del consigliere regionale Franco Codega e di Sonia Canciani, nipote di quel Carlo Canciani che aveva aperto l’omonima panetteria negli anni Venti, e Cristiano Cozzolino. Obiettivo: coniugare cultura del pane, tradizione, impresa e solidarietà. I tre rilevarono l’attività dalla stessa Sonia Canciani, ma, a dispetto di impegno e aspettative, Polis non decollò. Nei primi mesi del 2012, Erica Mastrociani si chiamò fuori dalla presidenza di Polis, volendo tenere separate cooperativa e Acli. Con lei si dimise anche Luca Codega: «È stato difficile coniugare la cooperativa sociale col lavoro tradizionale di chi fa il pane. C’è molto rammarico». Una manciata di settimane dopo il congedo di Mastrociani e Codega, Polis dovette affrontare un ennesimo buco in bilancio, vicino agli 80mila euro, che venne risanato dai soci sovventori. Passato un altro anno definito tragico, a seguito di numerose assemblee e consigli d’amministrazione, a maggio si è deciso l’addio a un’impresa che non aveva più ossigeno. Il 15 giugno la cooperativa ha chiuso per l’appunto i battenti. «Oltre alla crisi - aggiunge Cozzolino - il nostro progetto è stato ostacolato da storici panettieri triestini. Eravamo nuovi in questo tipo di mercato e, purtroppo, abbiamo avuto occasione di notare che c’è chi ha preferito comportarsi in modo discutibile, anziché collaborare per uno sviluppo comune». I fornai cittadini, per la cronaca, sono divisi da tempo. Polis faceva parte dell’Associazione panificatori di Trieste, ma ne uscì per dichiarati “dissapori interni”.

«Non mi risultano dissapori anche perché nessuno di Polis è mai venuto a parlare con me», ribatte Edvino Jerian, numero uno regionale dell’Assopanificatori. «Polis - aggiunge - purtroppo non è l’unica realtà del settore ad aver chiuso, per ragioni che imputo alla crisi. Non ad altro. Mi risulta soltanto che Polis a un certo punto non ce la facesse a pagare le fatture alla Panificatori acquisti collettivi Spa, con conseguente interruzione delle forniture».

Dietrologie a parte, Erica Mastrociani conferma che proprio in queste ore è in programma «una riunione decisiva»: «Giovedì (oggi, ndr) si ritroverà un gruppo di ex soci per decidere in quali termini la gestione potrà venir ripresa, sempre nell’ambito del sistema Acli. La volontà dell’Acli è di non disperdere né le competenze acquisite né l’orientamento all’inserimento lavorativo anche di chi è in condizioni di svantaggio. Certo la crisi ci impone di riprogettare l’operazione. Probabilmente l’attività sarà ridotta alla sola rivendita di pane, il che ci dovrebbe consentire di recuperare sia le tre persone che lavoravano con le borse-lavoro sia una parte, dato che due hanno già trovato un’altra occupazione, di chi era dipendente».

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