Trieste, via degli Artisti intitolata a Cecchelin

«No bevo acqua perché el mio stomigo xe de fero, e go paura che ‘l se ruzinissi». Non avrebbe apprezzato Angelo Cecchelin l’intitolazione a suo nome di un ponte. Troppo acqua là sotto. L’idea del ponte curto (diventato ora Passaggio Joyce) era stata del sindaco Roberto Cosolini per i risvolti comici che aveva assunto l’intera faccenda della passerella sul Ponterosso. Ma poi erano scoppiate le polemiche politiche preventive e si era messa di traverso la commissione toponomastica («La posizione del comico triestino risulta alquanto compromessa» scrisse la storica di sinistra Tullia Catalan ricordando la condanna subita al processo per la foiba Plutone). Il nome di Cecchelin non sarebbe toponomasticamente spendibile.
Il sindaco però non si è rassegnato a passare alla storia come primo cittadino di una «giunta di centrosinistra incapace di intitolare una via a un antifascista». E così pungolato dal no global Alessandro Metz e da quelli del “Pupkin Kabarett” aveva assicurato via Twitter: «Per quel che mi riguarda Cecchelin sarà ricordato dalla città». Ma non aveva aggiunto altro. Poi passata una domenica in giro per il Carso in auto ascoltando Cecchelin, ha preso la storica decisione che è più di un risarcimento. «Un paio di domeniche fa ho ascoltato tutti i cd di Angelo Cecchelin e mi confermo nell’idea che Trieste debba ricordare un vero artista e quindi, anche se per il ponte si fa una scelta diversa, questo è un impegno da assumere» racconta Cosolini. Ma quale impegno? Il sindaco non lo dice esplicitamente, ma l’idea c’è già. Ed è una buona idea. Non un ponticello per Cecchelin, ma una via. E che via. Via degli Artisti dovrebbe diventare via Angelo Cecchelin. La via degli artisti dedicata all’artista triestino per eccellenza, quello che portò il dialetto triestino sui palcoscenici d’Italia. E la scelta è appropriata. In via degli Artisti aveva sede il Teatro Filodrammatico (ridotto ormai a un mucchio di macerie dopo l’ultimo crollo). E Cecchelin è stato il “re” del Filodrammatico con la sua “Triestinissima” e prima con “La ganga de le macie” (la “ganga” è la banda, la “macia” è un tipo originale, spiritoso, appunto una “macchietta”). E le “macchiette” non mancano nella vita di Cecchelin. «Certo nella sua vita c’è un episodio molto discusso, culminato in una condanna per estorsione in un processo legato ai noti fatti storici del dopoguerra: per questo è stato giudicato nel 1948. La condanna c’è e nessuno la può negare anche se va inquadrata in un contesto storico dove grandi ragioni e gravi torti si confondevano. Questa sentenza è comunque un buco nero nella vita dell’artista, ma viene da chiedersi: è un motivo per non ricordare l’artista geniale e capace di portare con creatività un’idea di triestinità fuori dai nostri confini?» si chiede il sindaco. «Se rispondiamo di sì affermiamo un principio, certo rispettabile quanto non praticato, ovvero che oltre alla grandezza di un artista, di un uomo di cultura, di un personaggio della storia, della politica, delle professioni, dobbiamo guardare, prima di ricordarne la figura e l’opera, anche a quelli che sono stati tutti i suoi comportamenti nella vita per scandagliare che non ci siano episodi o parentesi grigie o scure. Se lo facessimo però l’elenco delle intitolazioni da cancellare sarebbe lungo e pieno di sorprese e toccherebbe grandi personaggi della storia, dell’arte».
E tra il cancellare e l’aggiungere il sindaco non ha dubbi: «Per queste ragioni in una Trieste che ha saputo fare i conti con la sua storia difficile e guardare al futuro non deve essere impossibile ricordare l’artista Cecchelin senza che ciò rappresenti misconoscimento o indulgenza verso le sofferenze di una parte della sua storia». Lui, dopo quella domenica in Carso, si è dato una risposta. Cecchelin merita di essere onorato e ricordato. E la commissione toponomastica? Se ne farà una ragione. “Topo no mastiga” come è stata ribatezzata in rete. Stavolta masticherà amaro per via (di) Angelo Cecchellin. «I quattro pilastri della vita: vestirse, spoiarse, inpinirse, svodarse. Che vita ara» sosteneva Angelo Cecchelin. Tra po’ ci sarà una via a ricordarlo. “Che vita ara”.
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