TRIFOGLIO ROSSO CONTRO I DISTURBI DELLA MENOPAUSA

Il trifoglio rosso è una pianta comune nei nostri prati eppure è capace di meravigliarci, tanto che il 16 marzo 2009, il più importante quotidiano nazionale lo ha elevato alla cronaca con questo titolo: “Trifoglio rosso, uno scudo contro il cancro”.
Infatti è ricco in antiossidanti e fitoestrogeni. Protegge la prostata negli uomini, combatte tutti i disturbi della menopausa nella donna e favorirebbe la fertilità.
Una ventina d’anni di studi scientifici attestano questi risultati, che sono particolarmente visibili per intensità e velocità sull’inizio della menopausa. I ricercatori hanno verificato che, a parità di peso, il trifoglio è fino a 45 volte più attivo della soia nell’attenuare vampate, nervosismo, insonnia, ritenzione di liquidi, osteoporosi ma anche nel ridurre colesterolo e trigliceridi, oltre a proprietà antivirali e antifungine. E’ quindi una possibile alternativa alla discussa terapia sostitutiva ormonale, di cui il famoso farmacologo Silvio Garattini “consiglia un uso minimo nel tempo e quantità” (TG2 Salute del 20/1/03). Un interessante effetto è la capacità di risolvere velocemente la ritenzione di liquidi nei tessuti, soprattutto delle donne in età. Il dosaggio necessario è di 57mg di isoflavoni di trifoglio, che sono diversi da quelli della soia. Una volta risolti i disturbi (in giorni o settimane), si possono ridurre i dosaggi. In etichetta potreste trovare scritto: titolato all’8% in isoflavoni, che rapportato al peso della compressa (ad esempio 250mg di estratto secco), corrispondono a 20mg di isoflavoni e per raggiungere i 57mg dobbiamo quindi assumerne 3 al giorno. Il trifoglio è anche capace di stimolare la produzione di ossido nitrico, la cui azione di dilatazione sui vasi sanguigni ricorda quella dei farmaci anti-impotenza. In generale dona una maggior elasticità alle arterie, prevenendo le malattie cardiocircolatorie, come di favorire la microcircolazione nel cervello. Nel caso dell’uomo non bisogna temere questi fitoestrogeni, che hanno una “potenza” 100 volte inferiore agli umani, ma essendo simili, riescono ad occupare le specifiche porte di entrata della prostata (recettori) e quindi gli estrogeni “veri”, abbastanza presenti in andropausa, non possano più stimolare eccessivamente la proliferazione cellulare-tumorale.
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