«Troppi impatti per il turbogas di A2A E il metanodotto tocca le aree protette»

Laura Borsani
Parere non favorevole sul procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) in ordine al progetto di realizzazione della centrale a metano a ciclo combinato proposta da A2A Energiefuture. La conclusione alla quale giunge il Comune di Monfalcone nell’ambito delle osservazioni presentate al Ministero dell’Ambiente è netta: «L’impatto su ambiente e salute del nuovo impianto a gas non è sostenibile rispetto al territorio e l’impatto ambientale del tratto di metanodotto di collegamento alla rete Snam su flora e fauna delle zone naturalistiche e protette che attraversa, come il Biotopo del Lisert, è del tutto inaccettabile».
Sono 38 le pagine che passano in rassegna il progetto di riconversione della centrale a carbone di Monfalcone. E all’«alternativa zero» della società rispetto al turbogas, il Comune sviluppa le proprie opzioni di uso alternativo del territorio con anche maggiori ricadute occupazionali. A2A Energiefuture invece ha evidenziato nell’ambito della presentazione del suo progetto: «La mancata realizzazione si tradurrebbe nella perdita di una concreta occasione di trasformare la Centrale di Monfalcone, in coerenza con la strategia di uscita dal carbone, in un impianto di ultima generazione, ai massimi livelli oggi perseguibili in termini di efficienza energetica e ricadute ambientali, dato che consentirebbe di innalzare il rendimento elettrico netto dell’impianto di circa 26 punti percentuali e di ridurre significativamente le emissioni di NOx», sostenendo ancora che «potrebbe addirittura pregiudicare il ruolo sempre più strategico che l’area Nord Est è candidata ad assumere, in vista del cambiamento che va delineandosi a livello europeo, con lo spegnimento progressivo delle centrali a carbone in Germania, la diminuzione dell’import di energia elettrica dall’estero e gli impegni presi anche dall’Italia in termini di riduzione delle emissioni complessive di CO2». Senza riconversione «il sito perderebbe il suo ruolo produttivo con ricadute negative sull’indotto coinvolto nelle attività dell’impianto».
Il nuovo impianto viene ritenuto dal Comune «ormai superato e obsoleto rispetto alle attuali prospettive che richiedono l’adeguamento verso lo sviluppo delle fonti rinnovabili ad emissioni nulle». Un progetto «non in linea» con le direttive urbanistiche dell’amministrazione che orientano lo sviluppo del territorio verso l’abbandono della produzione energetica. Veniamo agli impatti relativi alla realizzazione del metanodotto interrato di collegamento alla rete Snam, della lunghezza di 2,386 chilometri. Le maggiori criticità riguardano l’interferenza dell’infrastruttura su zone speciali e di interesse pubblico. Il Comune rileva che la prima parte del tracciato attraversa il Parco comunale del Carso, e soprattutto taglia in due il cosiddetto Biotopo del Lisert, a sud della Sr 14, un habitat significativo, in particolare per la presenza della specie Zeuneriana Marmorata, il “grillo zeuneriano”, già dichiarata in pericolo di estinzione. Viene peraltro evidenziato l’interessamento di zone di speciale conservazione come la “Cavanata di Monfalcone” e il “Carso triestino e goriziano”. Impatti dunque su fauna, flora. Viene altresì osservato che «non sia stato tenuto conto in modo approfondito il tema relativo all’interessamento di aree a pericolosità idraulica e delle aree fluviali». Perplessità anche sulle caratteristiche del terreno carsico in riferimento a possibili cambiamenti geologici.
Quindi la sostenibilità economica. Il fatto che la società non abbia partecipato alle aste del capacity market di Terna, il sistema di mercato dedicato agli operatori degli impianti di produzione di energia elettrica che remunera la messa a disposizione di potenza di generazione, «rende incerta la copertura dell’investimento». Quanto all’occupazione, il turbogas richiede la presenza di circa 30 addetti «non garantendo alcuna capacità di assorbimento occupazionale». Viene ribadito anche che la centrale di Monfalcone «non rientra» tra gli impianti essenziali di Terna per il 2020. Il progetto propone una capacità di produzione di energia elettrica quasi tripla rispetto a quella attualmente autorizzata a pieno regime, osserva il Comune che ricorda come nel 2019 la centrale a carbone ha prodotto energia elettrica solo per il 35% della propria capacità produttiva, con ulteriore diminuzione al 20% nel primo trimestre 2020. Per il Comune quindi l’impianto proposto risulta «ingiustificatamente sovradimensionato» rispetto all’attuale capacità produttiva autorizzata di 336MW. Evidenze anche per le emissioni di CO2 e NOx, che «sarebbero confrontabili a quelle della centrale a carbone nel 2019». Il Comune pone particolari riserve sulla relazione relativa all’impatto sanitario (VIS) presentato dalla società. –
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