Trovate le reliquie dei santi gesuiti

Eccezionale rinvenimento nell’altare di Sant’Ignazio durante il restauro. Risalgono ad almeno 400 anni fa
Di Roberto Covaz

di Roberto Covaz

Nel giorno di Pasqua la chiesa di Sant’Ignazio dona ai fedeli un regalo prezioso, straordinario, irripetibile. Dopo almeno quattro secoli di oblio sono tornate alla luce le reliquie dei santi che fanno da corona all’edicola centrale dell’altare maggiore. Sono (da sinistra) Luigi Gonzaga, Francesco Saverio, Francesco Borgia e Stanislao Kostka. Per la storia di Gorizia, diventata città nel Sei-Settecento grazie ai Gesuiti, il rinvenimento ha un valore storico e religioso di enorme portata.

Il ritrovamento

Da qualche tempo si sussurava che nella chiesa di Sant’Ignazio era successo qualcosa. Bocche cucite, solo mezze parole. Nessuna reticenza da parte delle autorità diocesane, solo una comprensibile prudenza. Artefice del ritrovamento è stato monsignor Adelchi Cabass, vicario generale e amministratore parrocchiale di Sant’Ignazio. La sua testimonianza è un inno alla fede, che l’ha ispirato a una minuziosa osservazione dell’altare recentemente sottoposto a un restauro costato 15mila euro diecimila dei quali garantiti dalla Fondazione Carigo.

Monsignor Cabass: «Durante il restauro avevo notato che l’angelo quasi danzante, che fa bella mostra di sé sopra il finto drappo di marmo giallo aveva nella mano un foro. Cosa sorreggeva? Un turibolo, una lampada? Ogni volta che lo guardavo, sembrava mi dicesse: ’Trovami quello per cui sono stato messo qui’. Una sera passo per la chiesa e mi fermo a pregare. Ma una voce mi suggerisce di tornare a guardare l’angioletto. Penso che non ci può stare che una lampada in quella mano alzata. D’improvviso mi sovviene nell’ex cappella invernale che c’è una lampada, un po’ annerita dal fumo. Decido subito di andare a prenderla e di provare. Traffico un po’ per disappenderla, prendo la scala, salgo all’espositorio e l’appendo alla mano dell’angelo. Intuisco subito che è al suo posto. Scendo veloce per vedere da terra e subito l’occhio si sente soddisfatto: è al suo posto, quella è la lampada che l’angelo portava».

L’intuizione

Ancora Cabass: «Sto lì a contemplare e d’improvviso, come un lampo, intuisco che la lampada stava lì non solo per ornamento, ma per un motivo più nobile: voleva indicare ai fedeli che dietro la nuvoletta in pietra con al centro un tondo di lamina argentata, che porta in sbalzo il monogramma gesuitico di Cristo (Jhs), lì dietro ci stavano le reliquie dei santi della Compagnia di Gesù. Una volta intuito che nel sacello ci dovevano stare le reliquie, mi sono chiesto: Sì, va bene, ma di quali santi? Vado a cercare dove si conservano gli oggetti più significativi e con mia meraviglia trovo una teca con le reliquie di quei santi che fanno corona all’edicola centrale dell’altare maggiore. Qualche giorno dopo comunico la cosa alla responsabile del restauro, che s’impegna a venire subito per un sopralluogo. Con il suo aiuto rimuoviamo la nuvoletta raggiante per aver accesso al loculo. Togliamo due mattoni che stavano lì a ingombrare e collochiamo dentro con devozione e soddisfazione la teca con le reliquie. Poi abbiamo richiuso. La piccola luce che timidamente arde sulla lampada ci aiuti a sentire vicini questi testimoni che sono i santi, ammirati non solo bella bellezza delle sculture marmoree, ma anche nelle reliquie, che la nostra chiesa custodisce da secoli».

E ora?

Adesso la chiesa di Sant’Ignazio diventa ancora più preziosa. Sia detto con tutto il tatto possibile, ma le reliquie dovrebbero essere “sfruttate” anche per incentivare quella vocazione di centro di turismo religioso che Gorizia può fieramente vantare.

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Ci sono voluti 45 anni per costruire la chiesa di Sant’Ignazio. La prima pietra fu posata nel 1680 e si realizzò la volta e quattro cappelle interne. I lavori ripresero nel 1718 e dopo due anni fu terminata la facciata. Nel 1723 furono innalzati i due campanili e nel 1725 furono posate le cupole a “cipolla”. La statua di Sant’Ignazio che campeggia sulla facciata fu sistemata nel 1723.

La solenne consacrazione avvenne il 24 febbraio 1767.

All’interno di particolare interesse il pulpito del 1750 e l’altare maggiore realizzato nel 1716 dal veneziano Pasquale Lazzarini.

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