Truffò un gioielliere: un anno e tre mesi

È stato condannato per aver truffato un gioielliere triestino Maurizio Giorgetti, uno dei “supertestimoni” saliti alla ribalta televisiva per raccontare la propria verità sulla sparizione di Manuela Orlandi, la quindicenne romana di cui non si sa più nulla dal 22 giugno 1983.
Il “supertestimone” Maurizio Giorgetti il 30 luglio 2011 si era messo in viaggio per la Turchia su una affollata barca a vela, strombazzando ai quattro venti che avrebbe trovato Emanuela Orlandi o almeno la sua tomba. Dell’esito di quella spedizione non si è saputo più nulla. Intanto il processo triestino per truffa andava avanti e pochi giorni fa il giudice Giorgio Nicoli ha condannato il “supertestimone” a un anno e tre mesi di carcere senza condizionale. Determinante per la quantificazione della pena sono stati i precedenti dell’imputato al quale la Procura ha contestato la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. Questa formula ha un preciso significato: nelle ultimi cinque anni Maurizio Giorgetti è stato condannato altre volte per la stessa ipotesi di reato.
Vittima della truffa è stato un commerciante di preziosi che gestisce una bottega a pochi passi da piazza della Borsa. Nel 2009 operava anche via internet dove offriva a prezzi interessanti orologi Rolex, anelli in oro e bracciali. Con il truffato si era messo in contatto da St. Moritz, la località turistica posta nel cuore del cantone dei Grigioni, proprio Maurizio Giorgetti. Si era detto interessato all’acquisto di tre orologi e di una certa quantità di monili: prezzo stabilito oltre novemila euro.
«Speditemi un pacchetto contrassegno» aveva aggiunto Giorgetti, fornendo l’indirizzo di una gioielleria che in quel momento gestiva assieme alla moglie nella località turistica. Il commerciante triestino non aveva abboccato. Aveva chiesto prima un bonifico bancario e, in assenza di questo, che il pagamento fosse effettuato tramite assegni.
Il 9 aprile 2009 Giorgetti si era presentato nel negozio di Trieste, aveva fornito il suo biglietto da vista e come pagamento aveva consegnato al “collega” due assegni della banca elvetica UBS. Sembravano coperti e il piccolo tesoro era passato di mano. Solo due settimane più tardi la banca triestina in cui li aveva versati, aveva fatto un clamoroso dietrofront. «Sono scoperti, ci siamo sbagliati in un primo tempo». Anche la gioielleria di St. Moritz è risultata chiusa e dai contatti con la polizia elvetica sono emersi altri “insoluti”. Al rinvio a giudizio è seguito il processo e la condanna. Intanto di Manuela Orlandi si è ripreso a parlare perchè qualcuno in Vaticano dovrebbe sapere la vera storia della ragazza.
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