Tubi a Irisacqua, il Tar boccia il ricorso Jindal

Per il Tribunale legittima l’assegnazione dell’appalto da 640mila euro alla società trentina vincitrice
Lasorte Trieste - 25 05 04 - Sertubi -
Lasorte Trieste - 25 05 04 - Sertubi -

Sta perdendo posti di lavoro (più di cento in due anni) e adesso si ritrova pure a perdere una causa e, di riflesso, una commessa in casa. E tra i perché di questo (i posti in meno) e quello (la causa perduta e la commessa assegnata a un concorrente di fuori) compare pure il fatto che la produzione vera non abita più qui, dove si fa l’ultima lavorazione e si distribuisce il prodotto finale, ma in India.

La parabola discendente di Sertubi è passata dunque nei giorni scorsi anche per una sentenza del Tar, che ha respinto il ricorso con cui Jindal Saw Italia Spa aveva chiesto l’annullamento della recente aggiudicazione a Saint Gobain Pam Italia Spa, che ha la fabbrica in Trentino, di un appalto con base d’asta di 640mila euro più Iva per la fornitura di tubi in ghisa all’isontina Irisacqua Srl per la rete fognaria di Ronchi dei Legionari. Alla gara, bandita secondo i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non del massimo ribasso, avevano partecipato solo in due, considerata la specificità della fornitura richiesta (una condotta in ghisa sferoidale), e Jindal era arrivata seconda. Tra i motivi del rigetto d’altronde - come osserva il presidente del Tar Umberto Zuballi, estensore della sentenza, che condanna Jindal a pagare anche alle controparti quattromila euro di spese di giudizio - vi è pure quello secondo cui non è ritenuta sindacabile da chi ha perso la scelta di Irisacqua di preferire nel punteggio il fornitore che ha una sola sede. Jindal, rappresentata dall’avvocato Giulia Milo, aveva obiettato non solo questo ma anche altri punti che avevano determinato l’assegnazione dell’appalto a Saint Gobain - difesa dagli avvocati Maria Carla Minieri, Roberto Manservisi e Alessandro Tudor - da parte di Irisacqua, assistita a sua volta dagli avvocati Gianni Zgagliardich, Elisa Adamic e Giada Dal Mas. «La differenza tra le due offerte - sosteneva il ricorso - riguarda solo tre elementi: l’omogeneità dei siti di produzione, la lunghezza dei tubi e la deviazione angolare». E in particolare «l’elemento di omogeneità dei siti di produzione dimostra chiaramente la volontà di penalizzare la ricorrente che commercializza un prodotto che viene realizzato in parte in India e lavorato poi in Italia». Secondo il Tar, però, i «tre criteri contestati» sono «elementi tecnici sicuramente opinabili ma rientranti nelle scelte discrezionali insindacabili», posto che in giurisprudenza ormai «sussiste una notevole discrezionalità tecnica della stazione appaltante nel predeterminare i criteri, purché essi siano logici e adeguati». E tale è per il Tar «l’unicità del sito di produzione», che «risponde al rilievo che lo spostamento del materiale lo sottopone a inevitabile usura». Così come «la maggiore lunghezza dei tubi rende più agevole e meno pericolosa la loro messa in opera» e «la maggiore deviazione angolare riduce la necessità dei giunti». Morale: «la scelta dei criteri di valutazione delle offerte non risulta certo discriminatoria». (pi.ra.)

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