Ucciso sul bus a Città del Messico: preso l’assassino

A sparare ad Alessandro Furlan è stato un diciottenne: la polizia locale cerca gli altri tre giovani complici
Alessandro Furlan con la moglie Teresita
Alessandro Furlan con la moglie Teresita
Si chiama Luis Yael Vieira Ventura e ha appena 18 anni. È il giovane che la polizia messicana ha arrestato con l’accusa di essere l’assassino di Alessandro Furlan, il triestino di 61 anni ucciso il 14 agosto scorso a Città del Messico mentre viaggiava a bordo di un bus. La notizia dell’arresto è stata pubblicata dai giornali sudamericani ”El Universal” e ”Ovaciones”. Gli stessi organi di stampa hanno riportato anche le dichiarazioni del portavoce della Procura generale di giustizia del Distretto federale secondo il quale a incastrare il presunto omicida sarebbe stato il racconto fornito da cinque testimoni.


Il diciottenne, già noto alle forze dell’ordine con il nome di José Luis Castañeda Ventura e finito in carcere in passato per un’altra rapina messa a segno sempre a bordo di un mezzo pubblico, è stato rintracciato nei giorni scorsi nella colonia di Carmen. Secondo le autorità messicane avrebbe materialmente esploso lui i colpi di pistola che hanno ucciso Alessandro Furlan e ferito gravemente un’altra passeggera di 16 anni ancora ricoverata, sempre secondo quanto riferiscono i media sudamericani, in un ospedale della zona sud di Città del Messico. Non si hanno notizie invece, al momento, dei complici di Vieira Ventura: altri tre giovanissimi che, stando al racconto dei testimoni, dopo la sparatoria sarebbero fuggiti a bordo di un’auto di colore verde.


La mattina della tragedia Alessandro Furlan aveva visitato il Circolo di cultura italiana con la moglie Teresita Cabrera. Poi, al momento di rientrare a casa per pranzo, era salito da solo su un mezzo pubblico. E lì si era imbattuto nei rapinatori. Alla vista delle loro pistole l’ex ferroviere triestino aveva reagito, nel tentativo di sventare il colpo, scatenando le ire del 18enne arrestato che l’aveva freddato poi con alcuni colpi di pistola alla schiena.


Questa versione, secondo quanto sostenuto da Teresita Cabrera, sarebbe stata però in qualche modo messa in dubbio da una parte della stampa messicana. Stampa che, per la giovane vedova, avrebbe dedicato alla tragedia delle attenzioni ”morbose”, finendo per mettere in cattiva luce il compagno. Di qui la scelta di scrivere una lunga, appassionata lettera per ricordarne le qualità. «La nostra è stata una storia particolare, speciale, unica, così come era lui - scrive -. Ci siamo conosciuti a Bahia de Mazunte, una spiaggia quasi vergine sulle coste dello stato di Oaxaca, in Messico. Ero appena scesa dall’autobus assieme alla mia mica Sylvie. Era un martedì. Io, che allora studiavo frequentavo il corso di laurea in Storia dell’Arte, camminavo sola per la spiaggia quando la mia attenzione fu catturata da un uomo con una grande personalità che giocava con un cane. Quando lo vidi, rimasi attonita: in quel momento compresi che quello era l’uomo della mia vita».


«Parlammo insieme la prima volta il 24 gennaio 2008 - continua Teresita -. Due ore a chiacchierare delle foto di Tina Modotti, del film Il Postino, della guerra nei Balcani, la vita di Pancho Villa, che Sandro tanto ammirava, di Baggio e della Juve. Finalmente avevo trovato un uomo con una vasta cultura, pieno di aneddoti da raccontare e con una grande passione per la storia. Lì cominciò la nostra storia e, da allora, non ci separammo mai più».


Una magia spezzata tragicamente il 14 agosto. «Rispetto a quanto avvenuto quel giorno posso dire solo che sono distrutta. Mi sento mutilata - conclude Teresita - perché se n’è andato l’uomo che rappresentava il mio universo, la persona più corretto che abbia mai conosciuto. Il Messico ha perso un uomo che amava profondamente la sua gente, la sua cultura e la sua storia, l’Italia ha perso un autentico compagno».

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