Ultimo giorno di lavoro per Carlo Donada Per 16 anni è stato il primario di Medicina

Il personaggio
Nel sobrio studio in fondo al quarto piano del San Giovanni di Dio i quadri sono stati tolti dalle pareti. Libri, pubblicazioni e altro materiale hanno trovato posto in capienti scatoloni. Dopo 16 anni e mezzo di servizio e 7 direttori generali che nel frattempo si sono avvicendati al timone dell’Azienda sanitaria, il primario del reparto di Medicina, e direttore del Dipartimento verticale medico, Carlo Donada – friulano di Villasantina, 67 anni –, sta per andare in pensione. Domani l’ultimo giorno di lavoro. Il suo posto sarà preso, come facente funzioni in attesa del concorso che dovrebbe essere espletato nella prossima primavera, da uno degli internisti del suo staff, il bravo dottor Fabio Fiammengo.
Per Donada, intanto è inevitabilmente tempo di bilanci sulla sua esperienza. «Partiamo dall’ormai lontano 2003, quando arrivai nel vecchio ospedale di via Vittorio Veneto. Volli subito riorganizzare il reparto per ottimizzare il lavoro. Un solo medico, assieme al primario, cominciò a farsi carico di ogni singolo paziente, dal ricovero alla dimissione. A ogni collega, quindi, vennero assegnati specifici letti di degenza, per garantire la continuità assistenziale. Poi mi sono battuto per porre sempre come obiettivo del nostro agire la centralità della persona, per migliorare il rapporto con i pazienti, i loro familiari e i medici di famiglia».
In effetti, una volta il reparto sembrava una sorta di fortino medievale: due soli colloqui alla settimana tra familiari e medici, difficoltà nella comunicazione. Ora i dottori sono a disposizione praticamente tutti i giorni. «Ho cercato di creare un’equipe in cui ciascuno dei colleghi emergesse in uno specifico ambito clinico e del quale fosse il referente non solo in ambito ospedaliero, ma anche aziendale e regionale - spiega il dottor Donada -. In questi 16 anni abbiamo attivato, grazie a un gruppo di giovani medici ognuno con la propria specializzazione, ben 8 ambulatori: Ematologia, Epatologia, Endocrinologia, Infettivologia, Allergologia, Malattie metaboliche dell’osso, Diabetologia e Prevenzione delle malattie cardiovascolari con diagnostica ecografica, oltre a quello preesistente di Reumatologia. L’utente può trovare così un’immediata risposta ai propri bisogni, senza doversi spostare e subire i tempi d’attesa di strutture più grandi come Udine o Trieste. In termini di numeri, si tratta di 8 mila visite specialistiche effettuate nel 2018, unitamente a 2000 prestazioni ambulatoriali».
Come è cambiata invece la tipologia di pazienti che giungono alla vostra osservazione? «Sono sempre più anziani, vivono spesso da soli in una condizione di fragilità per cui sono bisognosi di attenzione soprattutto nel momento della dimissione dall’ospedale e nella fase successiva. Non è semplice - continua Donada -. I 60 posti letto sono sempre pieni, e non le nascondo che mi è capitato di trattenere a volte più del dovuto alcuni pazienti, in attesa che si creassero le condizioni ottimali per il ritorno a casa. Chiaramente insieme al malato è cambiato anche il ruolo dell’internista, che non può più limitarsi a curare la persona ricoverata, ma deve prendersene cura complessivamente, coinvolgendo il personale medico e infermieristico dell’ospedale e del territorio, con l’obiettivo di definire dei protocolli operativi».
Ma Donada fu protagonista anche di una grande battaglia per l’abolizione delle guardie mediche notturne all’interno del reparto. «Già. Una battaglia vinta - conferma -: dal 2015 eventuali urgenze notturne vengono gestite dai colleghi del Pronto soccorso, della Cardiologia e della Rianimazione. C’è un medico di turno reperibile a casa, ma è dovuto intervenire in casi rarissimi. Non si sono mai registrati inconvenienti e il vantaggio è evidente: l’internista può seguire i pazienti lungo tutto il decorso del loro ricovero, non dovendosi più assentare giornate intere per recuperare le ore di guardia notturna. E i familiari possono seguire l’evolversi della situazione attraverso colloqui anche quotidiani col medico di riferimento». Se gli si chiede se vuole ringraziare qualcuno Donada spiega di essere felice dell’interazione tra i medici del reparto, della Rsa e della medicina generale, e rivolge un grazie «alle risorse infermieristiche che ho cercato di valorizzare. Ma anche alla Fondazione Carigo che, nel 2011, ci ha donato un ecografo color doppler di avanzato livello tecnologico che ci permette di formulare una diagnosi rapida di molte patologie».
In conclusione, cosa le mancherà di Gorizia? «Innanzitutto il lavoro, che Gorizia mi ha consentito di svolgere mantenendo l’entusiasmo e la passione di quando era un neolaureato, senza mai percepirlo come un peso ma, anzi, come la quotidiana occasione di fare qualcosa di bello perché utile agli altri. Credo, però, che mi mancherà anche la vivacità culturale di una città in cui coesistono elementi linguistici, etnici e culturali diversi che, nel loro insieme, costituiscono la sua ricchezza». –
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