Un bravo insegnante, oratore incisivo e punto di riferimento per tante coppie

A Gorizia il suo impegno sul fronte culturale con gli incontri mitteleuropei e al Rizzatti 
Bonaventura Monfalcone-17.02.2016 Riconoscimento a Don Renzo Boscarol da parte della comunità slovena-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-17.02.2016 Riconoscimento a Don Renzo Boscarol da parte della comunità slovena-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura

L’impegno

Difficile che chi si è sposato in una chiesa della Bisiacaria non abbia conosciuto don Renzo Boscarol. Non se la prendano a male, gli altri preti, se si svela un retroscena: anche chi poi non pronunciava il fatidico sì sull’altare di Ronchi, preferendo altri banchi, finiva però per seguire il gettonato corso prematrimoniale del sacerdote nelle stanze delle Acli di San Lorenzo.

Il passaparola aveva contribuito a irrobustire la fama del prete: uno che non storceva il naso davanti a una coppia già convivente o con figli fuori dal sacro vincolo. Ché mai don Renzo si sarebbe permesso di giudicare. Anzi l’avrebbe presa sotto la sua ala.

Ma non era solo l’approccio anticonvenzionale e antiretorico ad acchiappare i fidanzati. Pur consapevole del fatto che molte di quelle coppie non si sarebbero più viste in chiesa fino al battesimo o comunione del pargolo, il sacerdote non abdicava al mandato. L’ars oratoria, indubbiamente, e sopra ogni cosa la schiettezza, l’empatia nel trasferire le parabole cristiane in un racconto assolutamente terreno, calato nella quotidianità difficile della vita a due, pur a lui sconosciuta per definizione, in quanto sacerdote e sposato solo a Dio, sapevano catturare l’attenzione dell’uditorio. Mai banali, le sue lezioni. Perché era un simpatico per natura, don Renzo.

E un bravo insegnante. Lo fu a lungo nelle scuole di Gorizia (e in particolare nella vecchia media Favetti), dedicandosi pure agli incontri culturali mitteleuropei, nel centro studi Senatore Rizzatti, della cui rivista Iniziativa Isontina era anche attualmente direttore, nonché riferimento fondamentale nell’ultimo mezzo secolo.

Significativa, poi, la partecipazione all’associazione Concordia et pax e l’impegno in prima persona nella realizzazione dell’annuale pellegrinaggio delle diocesi di Gorizia e Capodistria a Monte Santo. Insomma, i matrimoni, a don Renzo, piacevano anche tra le culture. Non si può tacere, infine, l’impegno verso i poveri e i migranti. Emblematiche, le parole pronunciate nel 2015 al taglio del nastro dell’Emporio della solidarietà a Monfalcone, intitolato ad Achille Colautti, sindacalista ronchese. «Per Achille – così all’epoca don Renzo – Fede e Vita non erano due cose distinte. Credeva nel valore centrale della coscienza: perché le scelte non devono essere dettate da ciò che è più comodo, ma da ciò che è giusto. Achille era un passionale, nell’accezione autentica del termine “compassione”. Se noi oggi non proviamo compassione per quei poveri morti nel Mediterraneo vuol dire che abbiamo sbagliato strada». —

Ti. Ca.

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