«Un nonno sempre pronto a coccolarci»

I ricordi della nipote Donatella: «Il mio primo innamorato in realtà mirava a un biglietto per la partita»
Lasorte Trieste 13/02/12 - Nereo Rocco con le nipoti Donatella e Michela
Lasorte Trieste 13/02/12 - Nereo Rocco con le nipoti Donatella e Michela

Un nonno affettuoso, premuroso, dolce, che portava regali ai tre nipotini a ogni rientro dai lunghi e frequenti viaggi fatti col Milan, di cui all’epoca era allenatore, e che vinceva trofei in tutto il mondo. È questa l’inedita immagine di Nereo Rocco, il “paròn” «di cui troppo spesso – evidenzia Donatella Rocco, figlia di Bruno e prima nipote del grande Nereo – si legge che era burbero, brusco, un duro insomma. Invece – racconta Donatella, pedagogista in forza all’Assessorato comunale per l’Educazione e scuola – era tenerissimo con noi». Prima nipote, in quanto la sorella Michela e il cugino Matteo, figlio di Tito, sono nati dopo, Donatella vanta una speciale intesa col nonno: «Ci accomunava la voglia di metterci in gioco – spiega – e una sorta di auto ironia». Dallo sguardo si capisce che Donatella sa di essere stata la “coccola” del “paròn”. Una parentela stretta ma difficile da portare sulle spalle in certi frangenti. Un aneddoto ne è la prova: «Avevo circa 14 anni, era il tempo dei primi innamoramenti. Avevo perso la testa per un ragazzo e aspettavo con ansia che si dichiarasse. Quando finalmente sembrava che il momento fosse arrivato – ricorda con un sorriso – grande fu la mia delusione nello scoprire che gli interessava solo sapere se mio nonno poteva procurargli un biglietto per Milan-Inter. Altro che uscire con me...»

Ma può succedere anche qualcosa di piacevole a essere nipoti di Rocco: «Io e mia sorella andavamo a scuola a poche centinaia di metri da casa (la famosa via D’Angeli 28) – continua Donatella – ma al lunedì nonno Nereo veniva a prenderci all’uscita con la sua Bmw verde scuro, suscitando gli sguardi affascinati e forse un po’ invidiosi dei compagni di scuola». Donatella Rocco esprime affetto ancora oggi per il nonno: «La fama dell’allenatore perennemente col bicchiere in mano era uno stereotipo – precisa – in realtà era una persona equilibrata, intelligente, capace». Fare l’allenatore del Milan, poi del Torino e della Fiorentina, era compito impegnativo «ma questo non gli impediva di essere sempre legato alla famiglia», riprende la nipote: «uando tornava era una festa e non ci interessava che fosse una star del calcio, volevamo le sue carezze e le sue coccole. C’erano sempre giornalisti che lo cercavano – ricorda Donatella - ma la famiglia per lui era la prima cosa».

Donatella rivela ancora un altro aspetto poco conosciuto della personalità del “paròn”: «Aveva un grande gusto per l'arte e portava spesso a casa libri di pittura. La sua era una sensibilità artistica molto accentuata». L’amore per i nipoti non gli impediva di far emergere il suo noto carattere propenso allo scherzo, alla battuta. «Mi stuzzicava parlandomi di Barbara, una mia coetanea vicina di casa, che non mi era simpatica – racconta Donatella – dicendomi che la ammirava molto, suscitando la mia gelosia». Poi però la sapeva ricompensare: «Quando allenava la Fiorentina, nel '74, io ero una bambina ed ero innamorata di Antognoni. Chiedevo sempre una sua foto con autografo – ricorda - poi un giorno arrivò a Trieste con Antognoni, Speggiorin e Roggi. Rimasi impietrita – confessa – anche perché quel giovane bellissimo che vedevo alla televisione mi chiese un bacetto».

Ugo Salvini

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