Uno strano acquirente per il Rolex in vendita: il legale sventa la truffa
Un 31enne triestino stava per vendere l’orologio a uno sconosciuto. Ma il suo legale si è insospettito

Ha rischiato di farsi soffiare un Rolex da 18 mila euro. La vittima è un imprenditore triestino di 31 anni che vive in Croazia. È incappato in un raggiro ordito da due complici che, per irretire il malcapitato, si sono inseriti nella linea telefonica della banca intestataria dell’assegno circolare usato dai malviventi per acquistare l’orologio. Quando il proprietario del Rolex ha chiamato l’istituto di credito, dall’altra parte della cornetta non c’era un impiegato dello sportello, bensì uno dei due truffatori. «Sì, l’assegno è regolare lo abbiamo emesso noi...», si è sentita dire la vittima. Ma un legale triestino cui il trentunenne si è affidato per la compravendita, l’avvocato Antonio Regazzo, si è insospettito e ha fermato tutto.
L’episodio risale a tre settimane fa. Il trentunenne decide di pubblicare su Subito.it l’annuncio e dopo poco viene contattato da una persona che dice di essere interessata all’acquisto per il regalo di compleanno del figlio. L’uomo, di mezza età, sostiene di risiedere in Toscana. Per il pagamento propone l’assegno circolare. In un primo momento i due intendono incontrarsi nell’ufficio dell’avvocato Regazzo, che intanto prepara un contratto di compravendita per tracciare l’operazione. Poi l’appuntamento viene fissato direttamente davanti alla banca del trentunenne triestino: la filiale Unicredit di via San Nicolò.
L’acquirente si presenta all’appuntamento raccontando di essere uno stilista di Yves Saint Laurent e di occuparsi in di scarpe. Veste in modo vistoso: una camicia aperta fino all’ombelico e un foulard rosso. «Esibiva catenine e bracciali d’oro, si esprimeva con una marcata inflessione meridionale», ripercorre Regazzo. «Affermava di essere uno stilista di calzature di quel marchio, ma ai piedi aveva un paio di semplici mocassini brutti...strano».
I tre, cioè l’acquirente, il venditore e l’avvocato, si siedono al bar vicino all’Unicredit. L’uomo non si dimostra molto interessato a verificare l’autenticità del Rolex. Lo prende in mano un po’, soppesandolo, senza la cura che ci si aspetterebbe dinnanzi alla prospettiva di spendere 18 mila euro. Poi consegna l’assegno circolare. Nel mentre comincia a messaggiare con il cellulare. Il trentunenne si reca in banca. Allo sportello, dopo un primo controllo, l’esito è negativo: l’assegno non passa. Lo scanner non lo accetta. «C’è qualcosa che non va...», afferma l’addetta. Il trentunenne torna al bar e spiega l’intoppo. L’uomo non si mostra preoccupato e, continuando di tanto in tanto a chattare, suggerisce di versare l’assegno con il bancomat. Il giovane ritorna all’Unicredit ma, prima di procedere, la stessa cassiera lo avvisa che attraverso il bancomat l’assegno forse sarebbe stato accettato, ma il sistema non prevede un controllo immediato. Servono tre giorni. L’avvocato, intanto, telefona al suo consulente Credem il quale gli conferma che con il bancomat non c’è una garanzia immediata. Allora l’acquirente, sempre con un occhio sul cellulare, propone all’uomo di telefonare alla filiale della propria banca, un credito cooperativo toscano. Il trentunenne cerca su Google il numero e chiama. «Tutto a posto, l’assegno è emesso da noi...», si sente rispondere. Sembra regolare. «La situazione non mi convinceva – ricorda l’avvocato – allora ho proposto a quest’uomo di lasciarci l’assegno per l’incasso e di ritornare a prendere l’orologio quando i soldi sarebbero risultati sul conto. Io, come avvocato, avrei fatto da garante. Non ha accettato». Il trentunenne ha richiamato pure dopo, e varie volte, la banca dell’acquirente. Ma niente. La linea risultava staccata. «Ho controllato su Google – riferisce Regazzo – e mi sono imbattuto in un servizio delle Iene sulle truffe dei Rolex: questi imbroglioni staccano dalla cabina di derivazione telefonica la linea collegata alla banca, si inseriscono e intercettano la telefonata rispondono alla vittima... proprio ciò che è successo a noi. Ecco perché quell’uomo trafficava tutto il tempo con il cellulare: dava istruzioni al complice. Per fortuna mi sono insospettito». —
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