“Vallanzasca malato e disorientato”: a Milano l’udienza per decidere se trasferirlo in un luogo di cura

Per la Procura generale di Milano, così come per la difesa, Renato Vallanzasca deve passare dal carcere ad un luogo di cura, in detenzione domiciliare, date le gravi condizioni di salute. Attesa per la decisione dei giudici

Renato Vallanzasca
Renato Vallanzasca

Per la Procura generale di Milano, col sostituto pg Giuseppe De Benedetto, così come per la difesa, Renato Vallanzasca deve passare dal carcere ad un luogo di cura, in detenzione domiciliare, date le gravi condizioni di salute.

Nell'udienza, davanti al Tribunale di Sorveglianza che deciderà nei prossimi giorni, infatti, il magistrato, sulla base delle relazioni mediche, ha spiegato che è «accertata la condizione di demenza» e «c'è incompatibilità conclamata con la detenzione in carcere».

È «il momento - ha aggiunto - di modificare la condizione di detenzione, da eseguire nella struttura assistenziale che ha dato disponibilità».

All'udienza, aperta al pubblico su richiesta dei difensori Corrado Limentani e Paolo Muzzi, ha partecipato anche Vallanzasca e dietro di lui c'era un suo amico, imprenditore, volontario e tutore legale, «un angelo custode» a detta dei difensori, con la mano appoggiata sulla sua spalla.

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Renato Vallanzasca e, a destra, l’Hotel Uliana a Grado dove prese alloggio nel 1987, dopo essere scappato da un oblò del traghetto Flaminia che lo stava trasportando da Genova al carcere in Sardegna (foto d’archivio)

La giudice Carmen D'Elia ha ripercorso le relazioni mediche, anche del servizio di medicina penitenziaria, che hanno dato conto in questi mesi delle condizioni dell'ex boss della banda della Comasina e dei suoi gravi problemi cognitivi. Condizioni che producono «paranoia, deliri notturni», «afasia» e che l'hanno portato a cadere dal letto e ad essere ricoverato più volte in questi mesi.

«Le sue condizioni non gli fanno nemmeno capire il senso della pena», hanno messo nero su bianco i difensori in una delle memorie. Un neurologo del servizio di medicina penitenziaria a fine luglio ha segnalato che le sue «condizioni sono difficilmente compatibili col regime carcerario», che il 74enne «ha perso completamento il controllo» e che deve essere trasferito in una struttura assistenziale «per malati di Alzheimer».

Nel carcere di Bollate «proprio per le sue problematiche» viene evitata una «sorveglianza continua» e ci si affida per il controllo a «soggetti che già lui conosce». Per questa «patologia senza soluzione» il pg De Benedetto ha chiesto, così come la difesa, il «differimento pena nella forma della detenzione domiciliare per la durata che il Tribunale riterrà opportuna».

I legali Muzzi e Limentani nel loro intervento hanno parlato di una malattia che per la prima volta si è manifesta «nel gennaio 2023» e in «rapido e progressivo peggioramento». L'ambiente carcerario «peggiora il suo stato». La difesa ha trovato «la più grande struttura veneta che si occupa di malati di Alzheimer, legata alla Chiesa e in provincia di Padova». C'è una «stazione dei carabinieri a cento metri e anche i carabinieri del posto hanno dato rassicurazioni». «Una persona in queste condizioni, non più autosufficiente, può essere ritenuta pericolosa? Il carcere - hanno concluso i difensori - non può ledere i diritti fondamentali della persona». Vallanzasca ha bisogno di «specialisti e di stimoli cognitivi». Per il 14 ottobre, tra l'altro, è prevista la visita del medico legale per la «domanda di invalidità».

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