Via Terza armata ostaggio dei camion

Fa impressione, alle 19, quando per via della stagione invernale il buio è già precipitato sulla città, attraversare l’interminabile via Terza Armata, nella zona industriale del Lisert. A sinistra, come a destra, uno smisurato serpente di motrici e semirimorchi color argento, rosso, blu, giallo. Perfino una bisarca con svariati furgoncini freschi di fabbrica e pronti per essere immatricolati. E all’interno degli abitacoli, fotografato dai fari delle vetture che a intermittenza procedono lungo la parallela della Sr14, un microcosmo di umanità, per lo più proveniente da Est. Che s’infila il piagiama, s’arrabatta a scaldar la cena col fornellino da campo, guarda la tivù, manda col telefonino un messaggio whatsapp alla moglie lontana.
I camionisti - ben oltre una quarantina - hanno parcheggiato il tir e ci resteranno fino al mattino seguente: chi è arrivato prima, occupa regolarmente gli stalli; gli altri si riversano abusivamente sui larghi marciapiedi della carreggiata. Ma anche i primi, in realtà, contravvengono alle disposizioni che lì prevedono una sosta massima consentita di quattro ore, per via dell’elettrodotto. La merce stivata nei veicoli riposa con il trasportatore. Non appena l’ufficio delle pratiche doganali riaprirà e consegnerà le bolle, il conteggio del cronotachigrafo potrà ripartire.
L’“accampamento” dei bestioni d’acciaio, in quella zona del Lisert non previsto, presenta ovviamente aspetti incresciosi: intanto, non essendo prevista un’area di servizi igienici, si può ben immaginare dove i conducenti dei mezzi espletino i loro bisogni fisiologici in spazi del tutto avulsi dal contesto urbano. Di qui la protesta scoppiata l’anno scorso, quando il Consorzio industriale (Csim), titolare della zona e per legge tenuto a mantenerla pulita e in ordine, si era trovato a fare i conti con un’incredibile quantità di rifiuti, comprese le bottiglie di plastica contenente urina e abbandonate su strada. Accompagnate da cumuli di spazzatura appesi alle recinzioni o sparpagliati a terra, oggetto più volte di interrogazioni consiliari anche nella massima assise (all’epoca Cisint & co si trovavano all’opposizione). Perché col gelo del rigore invernale, uscire dal riscaldato abitacolo può costituire, evidentemente, un “problema”, diciamo così. Il Consorzio si è prodigato a fare informazione e, inoltre, a inserire dei cassonetti, ma la situazione, pur migliorata, non ha portato a un radicale e positivo cambiamento.
La fotografia dell’ingorgo di mezzi pesanti che si forma di notte risale a una manciata di giorni fa, evidentemente in un periodo di picco lavorativo. Ma da tempo il Csim è a conoscenza del difficile quadro. A proposito della presenza (ingombrante) dei camion, un rassegnato direttore Gianpaolo Fontana, così commenta: «Il Consorzio è proprietario della strada industriale, ma poiché non può inserirci una sbarra, questa risulta di pubblica utilità e la gestione della sua segnaletica è in capo alla Polizia municipale. È presente un certo numero di stalli regolari, ridotto rispetto a prima, usufruibili da uno stesso veicolo al massimo per quattro ore». «Il limite di tempo, prudenziale, è stato stabilito dall’Azienda sanitaria - precisa Fontana - che l’ha fissato per via dell’esistenza dell’elettrodotto e dei relativi campi magnetici, a salvaguardia della salute». Ma come mai tutti quei camion si fermano lì, in un’area poco servita? Eppure toilettes sarebbero a disposizione a due chilometri da via Terza Armata, in zona porto. «I camionisti lo sanno - spiega Fontana - glielo abbiamo spiegato in tutte le lingue del mondo, specificando anche gli orari di permanenza sugli stalli, ma se ne fregano. Abbiamo anche promosso un incontro: niente da fare. Su quella via è presente una società di spedizioni che regolarmente svolge le pratiche di ingresso a Portorosega: i tir pernottano lì in attesa della riapertura degli uffici. Il primo che arriva, sbriga le carte la mattina seguente e riparte con la sua corsa». I controlli, stando a quanto riferito da Fontana, spetterebbero alla Polizia municipale.
«Assieme a Isa - conclude il direttore del Csim - sono stati messi dei cassonetti: i meno pigri percorrono i 50 metri di distanza e conferiscono correttamente i rifiuti, gli altri continuano a lasciarli nei pressi della motrice. A noi, come Consorzio, tocca poi svolgere la pulizia. E ovviamente non siamo contenti».
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