Violenza negli stadi: anche in Italia ci vorrebbe Lord Taylor
Quando si parla di violenza negli stadi e delle terribili stragi che ne conseguono, a quasi nessuno viene in mente il nome di lord Peter Taylor. Un nome e un cognome molto comuni in Inghilterra, e il fatto che sia anche un lord non aiuta. Il Regno Unito è pieno di lord Peter Taylor. Ma quest'uomo rappresenta la chiave di volta per capire come nella patria del football si sia riusciti a sconfiggere definitivamente gli dei del male, i terribili hooligans.
Tutto inizia il 15 aprile 1989, a Sheffield. Semifinale della coppa d'Inghilterra, Liverpool contro Nottingham Forest. Qualcosa come 14.600 tifosi dei Reds si accalcano fuori dai cancelli dello stadio: la polizia decide di aprire le porte del gate C, che porta però solo alla parte centrale della curva, che contiene a malapena 2000 posti. In poco tempo un enorme toro fatto di bandiere e maglie rosse carica e spinge i primi tifosi entrati contro le pareti laterali e le recinzioni.
Muoiono 96 persone. E la lady di ferro Margaret Thatcher incarica lord Peter Taylor non solo di condurre un'inchiesta, ma anche di cambiare le regole del gioco fuori dal campo. Da quell'anno in poi, ogni club inglese e scozzese è costretto ad avere un proprio stadio di proprietà, munito di soli posti a sedere. Il tutto di tasca propria, e con i soldi delle squadre vengono pagati anche gli steward, a cui vengono dati poteri straordinari per il controllo dei tifosi dentro lo stadio. Non è più possibile, secondo il governo inglese, che per ventidue giocatori, un prato e una palla si debba barricare una città. Da quel momento in poi le società saranno le uniche responsabili e le uniche colpevoli di ciò che accade durante le partite. Vent'anni dopo l'Inghilterra del calcio ha vinto. Nonostante qualcuno ancora neghi, la violenza negli stadi lì è stata distrutta, su tutta la linea.
In Italia, invece, la situazione continua a peggiorare. Non a caso nel corso degli ultimi anni gli episodi non sono mancati (quanti si sono già dimenticati del 2 febbraio 2007, Catania-Palermo e l'uccisione del carabiniere Filippo Raciti?) Con l'aggravante che ora la giustizia sportiva sembra essersi svegliata di soprassalto e tenta di colpire la violenza in ogni modo, anche se confusamente, arrivando sino alla chiusura delle curve per cori etichettati, terribilmente, col nome di "discriminazione territoriale".
In questo caso fare i perbenisti ha poco senso, gli sfottò sono parte del calcio. Non la sua anima, come molti pensano, ma una parte importante sicuramente. Tutti li accettano, e li hanno sempre accettati. Pensare di eliminarli è praticamente impossibile. Più sforzi andrebbero compiuti, come ha intelligentemente osservato il mister dell'Udinese Guidolin, per quanto riguarda l'educazione sportiva nei più giovani. Ma viene alla mente subito la partita Juventus-Udinese svoltasi il primo dicembre dell’anno scorso. Un clima da far tremare anche i cuori più freddi, reso rovente dalle bandiere e dell'entusiasmo dei bambini, è stato rovinato da molti tristi ululati rivolti al portiere avversario. Sarà anche emulazione, sarà ingenuità, ma un comportamento del genere da parte di ragazzini o poco più è inaccettabile.
Questo è solo l'ultimo degli innumerevoli sintomi che dimostrano che il calcio italiano è un malato di lungo corso: pochi mesi fa si è arrivati addirittura ad una farsa da teatro, messa in scena dai giocatori della Nocerina durante il derby con la Salernitana. «Non giocate la partita o vi ammazziamo» era stato l'ordine degli ultrà (un ordine di chi?). E i giocatori hanno ubbidito: qualche espulso, qualche infortunato, cambi finiti, insomma in meno di sette non si può continuare, la partita viene sospesa dopo quindici minuti. In un tempo ancor più breve la storia fa il giro del web e giunge alle orecchie di tutta Italia. Ma in questo caso penalizzazioni, multe ed esclusioni dal campionato sono servite a poco.
Nereo Rocco, un grande uomo prima ancora che un grande allenatore, usava tranquillizzare la squadra, quando la vedeva troppo tesa e oppressa dai tifosi sempre più esigenti, con una delle sue tante perle di vita. Anche quella volta ci azzeccò. Disse: «Tranquilli muli, d'altronde xè solo foot ball».
Michele Di Benedetto
Classe II A
Liceo classico F. Petrarca
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