A cent’anni dal debutto di Joyce i suoi “dubliners”parlano triestino

Nel 1914 finalmente lo scrittore comincia a pubblicare dopo anni di tentativi falliti e da domani a lunedì Trieste celebra l’anniversario con incontri, teatro e musica
Di Elisabetta D’erme

TRIESTE. Per James Joyce il 1914 fu un anno decisivo, spartiacque tra la condizione di oscuro esule e quella d'icona del Modernismo: il giro di boa per lui iniziò quando Ezra Pound volle leggere i suoi manoscritti e finì per pubblicare a puntate sulla rivista “The Egoist” il romanzo Dedalus. Poi, dopo nove anni di tentativi falliti, nel giugno 1914 venne data alle stampe la raccolta di racconti Gente di Dublino. Non sono questi gli unici centenari joyciani del 2014: le date che chiudono l'Ulisse ci ricordano infatti che Joyce lo iniziò a scrivere a Trieste proprio nel 1914. Anniversari che verranno celebrati in occasione del Bloomsday, tre giorni (da domani a lunedì) di eventi musicali, mostre, conferenze e performance pensati dal Comune di Trieste/Museo Joyce e dall'Università degli Studi di Trieste/Trieste Joyce School per farci conoscere le avventure e il carattere del protagonista dell'Ulisse, Leopold Bloom, l'unico personaggio letterario ad avere l'onore d'essere festeggiato in tutto il mondo con una giornata a lui dedicata.

Il programma si apre domani al Museo Sartorio, dove alle 10 John McCourt illustrerà in mezz'ora l'episodio dell'Ulisse in cui Bloom fa fronte a ciò che più detesta: nazionalismo, razzismo e intolleranza religiosa. Nel capitolo, denominato “Ciclopi” e ambientato in un pub affollato di ciarlieri avventori, Bloom pronuncia la propria professione di fede per un'umanità migliore, ma ci rimette quasi la pelle nello scontro con un Polifemo fanatico, alcolizzato e violento che nel romanzo veste i panni del “Cittadino”. Una rilettura di questo episodio dell'Ulisse verrà proposta domani alle 17 in piazza Unità da Art & Zan che metteranno in scena lo spettacolo “Ciclopi” con L'Armonia-Associazione tra le compagnie del Teatro in Dialetto triestino e l'accompagnamento di musiche celtiche degli Arnwil. A seguire l'inaugurazione della mostra BlooMentag di Ugo Pierri, alla Sala Comunale d'Arte.

Domani mattina al Museo Sartorio si parlerà inoltre di pregi e difetti delle nuove traduzioni dell'Ulisse, anche alla luce dei recenti esperimenti di Laura Pelaschiar, che per il Bloomsday 2012 tradusse in triestino l'episodio di ‘Ade’ e che quest'anno si è cimentata in una nuova impresa: il successo di quello spettacolo interpretato da Maurizio Zacchigna l'ha infatti spinta ad approfondire il fertile rapporto tra Joyce e il triestino, dialetto che divenne la lingua parlata abitualmente in famiglia. Nasce così “Per grazia ricevuta”, adattamento teatrale di uno dei racconti di Gente di Dublino, che andrà in scena domani alle 21 all'Orto Lapidario (Auditorium del Revoltella in caso di pioggia) con la compagnia Casa del Lavoratore Teatrale diretta da Maurizio Zacchigna.

Ma perché Joyce tradotto in triestino è così esilarante? Secondo Pelaschiar ciò è perché «quando Joyce fa parlare i suoi dublinesi ricorre principalmente all'inglese usato a Dublino dalle classi medio-basse: una lingua piena di personalità, colorita, vivace, divertente, irriverente, immediata, intima, fantasiosa e irresistibilmente comica. La miglior lingua per tradurre queste pagine joyciane è senza dubbio il triestino, non l’italiano standard».

Scelta davvero felice quella di “Per grazia ricevuta”, scritto da Joyce nel 1906 a Trieste, perché nei suoi personaggi è contenuto - in nuce - quello che diverrà poi Leopold Bloom. Non è questo però il motivo che ha spinto Pelaschiar a tradurre proprio questo racconto: «“Grace” è l’unica storia di tenore marcatamente comico della raccolta, e la comicità è garantita sì dal “complotto comico-religioso” che narra, ma soprattutto dalla caratterizzazione dei personaggi e dai loro dialoghi. Questa comicità, che ha la stessa matrice dublinese del flusso di coscienza di Leopold Bloom, è perfettamente veicolabile dal triestino».

Ma qual è il senso, per un’accademica come Laura Pelaschiar, abituata alle aule della didattica e alle carte della ricerca, di cimentarsi in un’impresa simile?

«Il senso – ammette Pelaschiar - nasce dalla volontà di portare i nostri saperi fuori dalle aule e dagli studi universitari, farli circolare, coltivarli, disseminarli nella società civile nel modo più ampio e profondo possibile. Con passione e creatività. L’Università di Trieste è molto attiva in tal senso, come davvero poche altre in Italia». Domani mattina al Sartorio in programma anche un Laboratorio di arte-terapia per bambini a cura di Francesca Salcioli e la proiezione del video Bloomsday 2013 di Fausto Vilevich.

Domenica alle 18 al Passaggio Joyce (alias Ponte Curto) – se le condizioni meteo lo permetteranno - verrà replicato lo spettacolo Ciclopi, e a seguire il walking tour di John McCourt nei luoghi joyciani, fino a Piazza Cavana dove alle 21 si esibiranno i Wooden Legs (in caso di pioggia al Revoltella). Lunedì alle 17 alla Stazione Rogers, Paolo Bartoloni parlerà di “Terra del linguaggio e la coscienza delle cose nella scrittura di Svevo e Joyce”, alle 18 presentazione dell'e-book James Joyce: Itinerari triestini/Triestine Itineraries di Renzo Crivelli, a seguire un “Bloomsday Party!”, party finale con tanta musica irlandese. Info e variazioni a causa maltempo: www.facebook.com/museosvevojoyce

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