Ad Arrigo Cipriani il Premio Auersperg «Amo cibo e territorio»



A 18 anni voleva fare il corridore automobilistico. Fai legge, che ti apre la mente, gli disse il padre. Padre che, dopo il 19 al primo esame a Padova, rettificò: vieni qui in cassa! Il locale era l’Harry’s bar di Venezia e Arrigo Cipriani, ereditandolo dal padre Giuseppe, lo ha fatto volare ai vertici mondiali della ristorazione e non solo. Qualcosa di più, perciò, del “bettoliere” come si definisce lui stesso: uno degli italiani, piuttosto, più conosciuti al mondo per spirito imprenditoriale e eclettismo culturale, e che venerdì al Castello di Spessa riceverà il premio Auersperg. Un riconoscimento, quello intitolato ai conti Janja e Emilio, assegnato ogni anno all’autore di una pubblicazione che esalti i valori di accoglienza e convivenza tra culture diverse, il cui spirito appare in perfetta sintonia con il premiato e la sua visione.

Due personaggi importantissimi per la formazione di generazioni di allievi i primi, come ricorda Tatiana Rojz, vincitrice dell’Auersperg 2015 che della contessa Janja sottolinea «la preparazione, l’umanità e lo spiccato senso di giustizia elargita nel corso degli anni». Figura eclettica e autore di oltre una decina di libri patron Cipriani, premiato quest’anno per il suo ultimo “Elogio dell’accoglienza” (ed. Aliberti). «Ha avuto la capacità di portare nel mondo – spiega la curatrice Patrizia Cutrupi – la cultura del cibo coniugata con la cultura del territorio e con una seria riflessione sul futuro di Venezia, uno dei luoghi simbolo della cultura mondiale. La sua opera ci riporta a una parte di quelli che vengono considerati valori fondanti della cultura mitteleuropea».

«Tradizione e cultura» i due baluardi per Cipriani: «Ho capito - dice - che occorreva insistere su questi, insieme allo sfruttare la diversità, cosa in cui siamo unici al mondo».

Tanti e preziosi i ricordi rievocati nel libro, piccola e grande Storia che s’intrecciano: dal fiuto del padre, che per aprire «scelse una calle dove tutti fallivano, scollegata con gli itinerari principali: voleva che la gente non ci passasse per caso ma cercasse appositamente il locale» all’Harry’s considerato «covo di ebrei e antifascisti e requisito nel’44 per due anni dalle truppe fasciste che ne fecero una mensa per i militari». O il suo 25 aprile: «Dopo il silenzio dei cinque anni precedenti ricordo, su tutto, il rumore della libertà: è stata come un’esplosione e sarebbe bello ricordare sempre questa sensazione, che è anche minimo comune denominatore dell’opera». —

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