Carlo Mastelloni «Vi racconto le Br e ho un noir in testa»

di ALESSANDRO MEZZENA LONA
La storia ce l’ha, il tempo per scriverla no. Carlo Mastelloni, procuratore capo a Trieste, sarebbe pronto a scrivere il terzo romanzo in coppia con l’amico di sempre Francesco Fiorentino. «Vorrei raccontare la Milano negli anni ’70 e le compromissioni dell’industria con certi ambienti della destra eversiva. Con quelli che io chiamo gli uomini Nato a lavorare nell’ombra». Ma, per il momento, dovrà aspettare. I mille impegni della sua importante carriera di magistrato vengono prima.
Napoletano, figlio di una famiglia di magistrati, per molti anni procuratore aggiunto a Venezia, e ancor prima giudice istruttore per 15 anni, Mastelloni ha legato il suo nome a inchieste importanti. Come quella sui rapporti internazionali delle Brigate Rosse. O quella sul traffico di armi dei palestinesi dell’Olp. E proprio sulle Br sta scrivendo un libro: «Credo che ne verrà fuori un saggio. Anche se gli editori mi dicono che i lettori preferiscono i libri romanzati».
Anche se gli manca il tempo, Mastelloni ha già deciso che nel terzo romanzo noir tornerà il personaggiuo cardine del suo libro di debutto narrativo: “Il filo del male”, pubblicato da Marsilio nel 2010 e ambientato nella Trieste del 1958. «Su questo punto non ho dubbi. Voglio che la nuova inchiesta la conduca il tenente colonnello Augusto Trani. Un tipo tosto». Intanto, domani, Mastelloni sarà ospite di Grado Giallo. Alle 16.45 al Cinema Cristallo dialogherà con Sergia Adamo su “Un magistrato e l’intelligence”.
Com’è nata la collaborazione con Francesco Fiorentino?
«Francesco è un amico di vecchia data - spiega Mastelloni -. Abbiamo fatto insieme quasi tutte le scuole a Napoli, dalle elementari in poi. Lui è un francesista rinomato che presiede l’associazione europea degli amici di Honoré de Balzac».
Lei aveva già scritto prima?
«Solo un testo noioso, ma necessario, insieme a un generale della Finanza sulla vendita di armi e materiale strategico sul mercato internazionale».
Dove trova il tempo per inventare romanzi?
«I romanzi nascono nei ritagli di tempo. Io di solito comincio il mio lavoro alle nove del mattino e finisco che è già pomeriggio avanzato».
“Il filo del male” si svolge a Trieste. Perché?
«Sono sempre stato molto attento alla storia di Trieste. E siccome sono un emigrante che ha voluto lasciare Napoli perché, da persona legata all’ordine e alla legalità, non sopportavo come andavano le cose nella mia città, mi sento vicinissimo al popolo istriano. Sacrificato nel nome di una strategia dettata soprattutto dagli inglesi, che non so quanto sia stata produttiva».
La storia di Trieste è ingarbugliata...
«Trieste è stata oggetto di una partita a scacchi. Mi ha sempre affascinato l’aria che si respira in questa che è stata la Berlino d’Italia. Con il Governo militare alleato ha vissuto un prolungamento armistiziale della Seconda guerra mondiale. Mi piacciono certe atmosfere da Mitteleuropa in frantumi e il muscuglio di genti, di lingue, di religioni che trovano in qualche modo una via per vivere insieme».
Una città che riesce a perlustrare?
«Purtroppo no. Quando finisco di lavorare sono molto stanco, al massimo mi concedo una passeggiata fino a piazza Unità. Vorrei girare di più, inerpicarmi lungo certe strade in salita, guardando palazzi interessantissimi».
Difficile separare il magistrato dallo scrittore?
«Mi trovo costretto a scrivere ogni giorno provvedimenti giudiziari rispettando clausole di stile ben precise. Ma quando posso inventare storie con le virgole al posto giusto allora riesco a divertirmi. La letteratura è fantasia, un rifugio dalla burocrazia. Libera la mente, affina la creatività, materializza un mondo dove si rielabora la realtà in un contesto immaginario».
Le storie le arrivano anche dal racconto della gente?
«È sempre interessante ascoltare gli altri. Ti danno una misura dell’enorme varietà degli esseri umani. E ti arricchiscono. Nel noir, poi, il falso è quello che si descrive. Ma in questo tempo sembra più realistico della realtà così mistificata».
Viviamo in un tempo di grande falsità?
«Gli agenti segreti arrivano a quel ruolo anche per raccomandazione. I carabinieri, poi, non riescono a rinnovarsi in un mondo che cambia troppo rapidamente. I politici durano lo spazio di un anno, forse poco più».
Trieste isola felice: una leggenda?
«La criminalità organizzata si è insinuata dentro Trieste come un serpente. Cambiando un po’ il volto di quella che viene considerata un’isola felice. Io mi sono dato l’obiettivo di verificare la presenza di queste forze criminali in una recente inchiesta, che ha visto collaboratori di giustizia dichiararsi testimoni di un passato dove succedeva di tutto. Però, stranamente, negli anni ’60 e ’70 nessuno n’era accorto».
E adesso?
«Dopo il passaggio dei barbari, certe forze criminali rimangono ancora invisibili. E certi reparti investigativi avrebbero bisogno di dirigenti che siano più presenti sul territorio. Qualcuno cerca di andarsene dopo un anno, non elaborano un programma anticrimine deciso. Anche se, tutto sommato, devo dire che le cose stanno migliorando».
Il personale investigativo spesso è demotivato?
«Non c’è dubbio. Tanti sono qui da troppi anni e ci sono anche dei casi in cui il singolo militare resta impunito. Sono convinto che se c’è, all’interno delle forze dell’ordine, chi frequenta abitualmente un criminale deve essere non solo allontanato, ma addirittura espulso».
C’è rivalità tra Trieste e Udine?
«Purtroppo. Con risultati sconcertanti. La legione dei Carabinieri sta a Udine, i Ros anche. E Trieste, sede di Corte d’Appello, è lontana. Possibile che per le riunioni devano fare tanti chilometri? Quanto costa tutto questo?».
Adesso ci torna a Napoli?
«Le cose sono molto migliorate e ci vado volentieri. Napoli è una città meravigliosa con un sacco di problemi. In ogni caso, consiglio a tutte le persone del Sud di vivere per un periodo al Nord. Per confrontarsi con un altro modo di pensare, di vedere le cose».
Il Sud è una terra anche molto sfortunata...
«Quando penso che certi terremoti, in Italia, colpiscono popolazioni già poverissime, mi viene una tristezza infinita. Nel romanzo “Il sintomo” abbiamo voluto raccontare una Napoli che, dopo il sisma, deve confrontarsi con le famiglie camorriste che non pensano a far risorgere la città, ma ad arricchire se stesse».
Scriverà ancora sulle Br?
«I lettori vogliono sapere come si rapportava lo Stato alle Brigate Rosse. Se c’erano infiltrati, se c’erano blocchi di potere alle spalle dei terroristi. E io racconterò al lettore proprio questo. Senza promettergli più di quello che posso dare».
Difficile fare il magistrato oggi?
«Il mio compito è soprattutto di organizzazione del lavoro della Procura, ma ho anche molti incarichi burocratici, così come i sostituti. Ed è sempre più difficile far funzionare le procure come orologi: a Trieste abbiamo pochissimo personale e sempre più richieste di dati. All’inizio di agosto, ad esempio, ne sono arrivate addirittura sette, otto. Proprio quando molti magistrati e gran parte del personale erano in ferie».
Bisogna risparmiare?
«Certo, però a forza di ridurre il personale i magistrati finiranno per dover fare tutto da soli. La storia cominciò anni fa quando ci fornirono i primi computer. Il personale amministrativo, di fronte a questo sfascio, resta demoralizzato e demotivato. E non vede l’ora di andarsene».
alemezlo
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