Dai media brasiliani manipolati a un’inedita storia su Frida Kahlo

Un attacco lucido alle manipolazioni di un quinto potere deviante nel Brasile di Bolsonaro, un capitolo sconosciuto della vita della pittrice messicana più nota, Frida Kahlo, un'opera sulla Colombia ritenuta perduta ma ritrovata e restaurata scritta dal Premio Nobel Gabriel García Márquez e ancora, sempre di "Gabo", l'adattamento cinematografico ritenuto più riuscito e perciò inseguito per anni. Se l'America Latina è un continente sterminato e composito, il Festival triestino che da 35 anni ne racconta tanto l'attualità più stringente quanto le complesse vicissitudini storiche si pone oggi ancor di più come antidoto «alla siccità culturale che stiamo vivendo». La risposta è fatta di quattro film importanti che la manifestazione in corso fino a domenica presenta oggi su mowies.com, la piattaforma digitale scelta per rendere le opere visibili, per la prima volta, in tutti i paesi dell'Unione Europea, in Canada, negli Stati Uniti oltre che in tutta l'America Latina.
«Non ho mai visto un Paese con un media dominante fraudolento come i media brasiliani»: parola di Glenn Greenwald, Premio Pulitzer col Guardian per l'inchiesta sulle rivelazioni di Edward Snowden. Attuale e tagliente, "A nossa bandeira jamais será vermelha" (“La nostra bandiera non sarà mai rossa”) presentato nella sezione "Contemporanea Concorso" è realizzato da un giornalista brasiliano, Pablo Guelli: nel suo documentario indaga e denuncia quella che è la lotta quotidiana dei giornalisti indipendenti come lui nel Brasile odierno cercando, se non d'infrangere, almeno di scalfire lo strapotere creato da sei famiglie che dominano il sistema informativo del Paese. Un vero e proprio monopolio, una concentrazione malsana che va a raggiungere, sostiene Guelli, più del 90% del pubblico nazionale, calcolato in base a tutti i tipi di media. Attraverso interviste - colleghi diretti ma anche nomi di big come Noam Chomsky oltre al già citato Greenwald - l'autore racconta le modalità manipolatorie messe in campo dai sei ritenendoli i responsabili di «una delle maggiori frodi giornalistiche di tutti i tempi»: una manipolazione sistematica e di massa che ha distrutto la fiducia della popolazione nella democrazia, nella politica, nella stampa tradizionale gettando il Paese in un clima sempre più opprimente.
Chi comanda davvero in Brasile? «La Globo» è infatti la risposta più gettonata, ovvero il più grande conglomerato mediatico-televisivo dell’America Latina. Andando addentro agli eventi sociali e politici che hanno avuto luogo tra il 2013 e il 2019, Guelli approda immancabilmente a parlare di Jair Bolsonaro e di come sia diventato il presidente del sesto Paese più popoloso del mondo.
Nella stessa sezione fa capolino anche un film molto voluto dal direttore Rodrigo Díaz realizzato da una regista del Costa Rica, Ishtar Yasin. Nel suo "Dos Fridas", presentato e apprezzato in diversi festival tra cui quello internazionale di Tallin dov'è stato scelto per il concorso, la regista punta sulla presenza iconica di Maria de Medeiros nel ruolo di Judith Ferreto, ex infermiera personale di Frida Kahlo ritratta negli ultimi giorni di vita, tra ricordi, immaginazione e realtà a sovrapporsi.
Il filone che intreccia "Cinema e Letteratura" conclude poi oggi la trilogia "De amores y delitos" nata da un'idea di García Márquez con "El alma del maíz" di Patricia Restrepo, ambientato come gli altri due nella Colombia del 1700. Nella stessa sezione un film che riunisce due motivi d'interesse: "María de mi corazón", infatti, non solo nasce da una sceneggiatura di "Gabo" ma è allo stesso tempo omaggio al regista scomparso a gennaio Jaime Humberto Hermosillo. Caustico e audace, sostenitore di un cinema libero e indipendente, Hermosillo è da sempre ritenuto graffiante osservatore sociale, in particolare della classe medio-alta del suo Messico, tra ipocrisie e contraddizioni. Nel mondo latino è stato spesso paragonato a Pedro Almodóvar: un'audacia che ha influenzato una generazione, da Alfonso Cuarón ai Premi Oscar Alejandro González Iñárritu e Guillermo del Toro che lo ha ricordato come «maestro e trasformatore della cultura cinematografica della sua città natale, Guadalajara». —
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