Dall’Inghilterra vittoriana a Platone la setta dell’eugenetica genera mostri

Una storia che parte dagli anni del primo boom tecnologico per riflettere sul lato oscuro del progresso

piero tallandini

Phoebe, promessa sposa di raggiante bellezza, durante la festa di fidanzamento col rampollo di una ricca famiglia della Londra vittoriana, Benjamin Raycraft, viene sgozzata da un misterioso sconosciuto, nudo e tatuato, emerso dalle acque del Tamigi. L’assassino si rivolge a Benjamin: «Ho promesso che ti avrei salvato». Poi taglia la gola alla ragazza e scompare nel nulla.

È l’inizio choc che accende la miccia di un pirotecnico intreccio narrativo, i buoni braccati dalla polizia corrotta, impegnati a risolvere intricati enigmi e a decifrare un inquietante simbolo arcano, lo stesso tatuato sulla pelle dell’omicida. Il più classico degli eroi per caso, il giovane avvocato William Lamb, ingenuo, e - diciamolo pure - un po’ sfigato, si ritrova a fronteggiare una misteriosa setta segreta dedita ad agghiaccianti esperimenti di eugenetica, spalleggiato da altrettanto improbabili alleati, tra i quali uno sbertucciato detective e una temeraria ragazza afroamericana, scappata in Inghilterra perché ricercata per triplice omicidio.

La ricerca del segreto finale trascina il lettore in un labirinto spaziotemporale da mal di testa, coinvolgendo una perfida e affascinante viscontessa dai fiammeggianti capelli rossi, un cancelliere tedesco (che non può che chiamarsi Otto von...), un vicepresidente americano miliardario, Lord Byron, Platone, Aristotele e pure Alessandro Magno. Può bastare? A Claire Evans, giornalista della Bbc e autrice de “La quattordicesima lettera”, non manca sicuramente la voglia di osare accostamenti estremi. Il suo primo romanzo, edito in Italia da Neri Pozza, si inserisce nel filone assai in voga del thriller storico. Quasi una sceneggiatura da film, per struttura e ritmo incalzante, lunga 448 pagine.

Il libro arriva sull’onda del successo riscosso in Inghilterra, dove il Times lo ha celebrato come «una lettura irresistibile». Magari, il contesto storico di partenza, potrebbe ingolosire particolarmente i lettori triestini, considerata la traccia che la cultura britannica vittoriana ha lasciato in città grazie a figure come Sir Richard Francis Burton. Al di là dei parallelismi letterari, Claire Evans ripropone il lato più cupo della Londra dell’epoca. Impossibile non pensare a Jack lo Squartatore e del resto la cornice di gran parte del romanzo è il famigerato quartiere di Whitechapel, teatro delle sanguinare imprese del più celebre serial killer della storia.

Ma tra le pieghe della sua trama rocambolesca il romanzo sa offrire anche qualcosa di più. L’anno scelto per ambientare il romanzo, il 1881, non è casuale. È quello della Lega dei tre imperatori, degli assassinii di Alessandro II e del presidente americano Garfield. È l’inizio di un decennio che ha cambiato per sempre l’Occidente, dal punto di vista sociale e tecnologico. La decade che ha visto nascere l’elettricità, l’automobile, il cinema. E dove il progresso ha cominciato anche a rivelare tutto il suo potenziale distruttivo. Uno dei personaggi principali, Jasper Raycraft, è ispirato a un noto scienziato e fabbricante di armi vittoriano, William George Armstrong. Le scoperte presenti nel romanzo, dal telefono alle armi chimiche, mostrano tutte le contraddizioni di quell’epoca.

Invenzione e realtà si intrecciano nei riferimenti a Platone, padre delle prime, embrionali forme di “scienza”, e nel tema centrale del libro: l’eugenetica, teoria che in quegli anni cominciò a prosperare. Gli stessi anni segnati dalle scoperte di un altro uomo di scienza che dell’eugenetica incarna l’antitesi: Charles Darwin, secondo il quale non permettere ai deboli di sopravvivere avrebbe compromesso l’istinto per la compassione, che definiva «la parte più nobile della nostra natura». Quel sentimento che l’autrice ispira nel lettore raccontando storie di donne vittime di violenza e sfruttamento. Donne capaci, però, di ribellarsi e di diventare artefici del proprio destino. —



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