«Dite al Marchesetti che non si stanchi di scavare...»
«Dite al Marchesetti che non si stanchi di esplorare le caverne e di trarre dall'oblio le perdute civiltà». Sono le parole che si leggono nella prima sala che guida il visitatore alla scoperta di Carlo Marchesetti e dei suoi studi. Nel Museo d'Antichità Winckelmann sono terminati i lavori di riallestimento della sezione preistorica. Tre nuove sale che verranno inaugurate domani, alle 16, in occasione dei 170 anni dalla nascita di Marchesetti.
«Il percorso – ha spiegato Marzia Vidulli Torlo, curatrice dell'allestimento assieme a Marino Ierman – è circolare: o si inizia con quello dell'archeologo che va dal periodo della romanizzazione con i resti del sito di San Servolo per concludere nell'età delle grotte; oppure con quello scolastico dall'Età della pietra all'epoca romana».
Dopo la prima sala, “Le grotte del Carso triestino” che presenta i materiali di caverne preistoriche, si giunge in quella dedicata a Carlo Marchesetti, archeologo e direttore dei Musei Scientifici (nato a Trieste il 17 gennaio 1850, morto nel '26) laureato in medicina a Vienna ed esperto di botanica e zoologia, a lui si devono i primi scavi nelle grotte e sui castellari. Esposti ai visitatori alcuni suoi oggetti di studio, ma anche il carteggio con nomi importanti dell'archeologia come Heinrich Schliemann, scopritore del sito di Troia. Evidente è l'importanza del lavoro sul territorio: Marchesetti infatti credeva che gli oggetti del territorio dovessero restare nel luogo d'origine.
Moser – suo storico rivale – invece scavava per conto di Vienna, dove sono rimasti gli oggetti. E proprio a Vienna c'era l'archeologo Josef Szombathy che ha recuperato ciò che era stato trovato a San Canziano nella “Grotta delle Mosche”; materiale che va a formare la terza sala. Basta alzare lo sguardo per vedere un'apertura dalla quale si intravede il cielo. Il visitatore si ritrova dentro a questa cavità carsica dove il rituale era quello di gettare dall'alto armi in bronzo, spesso spezzate (ora esposte, risalenti all'Età del Bronzo e del Ferro), che venivano offerte alla divinità.
Se oggi le ricerche possono continuare è anche grazie a Marchesetti: «La documentazione che ci ha lasciato è eccezionale – ha spiegato Manuela Montagnari Kokelj, curatrice scientifica delle tre sale –. Una parte significativa del suo patrimonio è quella degli scavi della Necropoli di Santa Lucia. Spero di continuare con questo contributo di studio».
Notevole la partecipazione dei visitatori al Museo che – come ha ricordato l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi – dal 2016 al 2019 è passata da 9.518 a 58.708. «Il Museo – ha aggiunto Laura Carlini Fanfogna, direttrice Servizio Musei e Biblioteche – è stato reso più visibile dall'accesso principale in Piazza della Cattedrale grazie a una serie di pannelli che illustrano le collezioni esposte. Inoltre è stata fatta una mostra in collaborazione con il Museo Nazionale di Zagabria e ne faremo delle altre con quello di Pola e di Zara. Questo per creare una rete sempre più efficiente di musei».
L'intervento alle tre sale con la direzione di Fanfogna è stato un lavoro di squadra che ha visto coinvolti anche Anna Krekic, Susanna Moser, Deborah Arbulla, Gabriella Norio, Alessia Neri, Francesco Recanati e Michela Martini. Il tutto coordinato da Stefano Bianchi. —
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