E l’avvocato Sawaya reinventa la scultura con i mattoncini Lego

Repliche di opere famose, autoritratti e forme inquiete nella mostra aperta a Milano alla Fabbrica del Vapore
09/12/2016 Roma. Auditorium Parco della Musica. La mosta 'The art of the Brick', di Nathan Sawaya, oltre settanta sculture create con più di un milione di mattoncini Lego
09/12/2016 Roma. Auditorium Parco della Musica. La mosta 'The art of the Brick', di Nathan Sawaya, oltre settanta sculture create con più di un milione di mattoncini Lego

di ALESSANDRO MEZZENA LONA

Scultori, pittori, videomaker si sono interrogati nel divenire del tempo. Chiedendosi a quali materiali si sarebbe rivolta l’arte per creare le opere del futuro. Dopo aver sperimentato pietra e sabbia, gesso e bronzo, acciaio, rame, colori su legno e tela di tutti i tipi, plastica, rifiuti organici, stoffe. Fino ad arrivare ai pixel degli schermi digitali.

Poi, un giorno, un giovane avvocato americano si è stufato del suo lavoro. Mollato lo studio Winston & Strawn di Hollywood, per sei mesi è andato a lavorare in una fabbrica di mattoncini Lego. E lì ha trovato la risposta: uno dei materiali perfetti per creare opere d’arte per il terzo millennio è proprio quello. I pezzi di plastica colorata che si incastrano uno nell’altro. E che perrmettono alla fantasia di volare libera. Inventando sintonie tra il desiderio di creare e la voglia di divertirsi.

Sono passati poco più di dieci anni da quando l’avvocato Sawaya ha cominciato a creare il suo mondo d’artista con i mattoncini Lego. Raggiungendo una fama internazionale che lo ha portato a esporre nelle principali capitali del mondo. Tanto che adesso la gente si mette in fila per ammirare le sue opere. Come avviene negli oltre mille e trecento metri quadrati espositivi della Fabbrica del Vapore di Milano. Dove, fino al 29 gennaio, si può ammirare una selezione delle sue opere sotto il titolo “The art of the brick”. Oltre un milione di pezzi colorati modellati in forma di sculture, che hanno già conquistato Roma e i visitatori passati per lo Spazio Eventi Tirso.

Americano di Colville, Washington, cresciuto a Veneta, Oregon, Sawaya non ha mai avuto dubbi su quale fosse il materiale perfetto per realizzare oggi un’opera d’arte. Anche perché lui, i mattoncini Lego ha cominciato ad amarli quand’era un bambino. E non si è mai vergognato di continuare ad acquistarli, a usarli, anche da adulto. Fedele al suo motto: «I sogni si realizzano... un mattoncino alla volta».

Inutile dire che qualche critico d’arte ha alzato un sopracciglio con malcelato fastidio. Liquidando l’artista americano come un imitatore di opere altrui, capace soltanto di creare repliche. Ma Sawaya l’ha smentito a stretto giro di posta. Come si può ben vedere nella scelta di opere che compongono “The art of the brick”. Perché se è vero che una parte della mostra rende omaggio ai capolavori del passato, esponendo una splendida replica della “Ragazza con l’orecchino di perla” di Jan Vermeer, una “Gioconda” di Leonardo da Vinci, il famoso “Autoritratto” di Rembrandt (ma anche Munch, van Gogh, Hokusai, van Eyck, Whistler), è anche vero che l’artista americano spalanca una finestra sul suo modo di intendere la scultura. Riassunto nel liberatorio “Grey”, l’uomo che si apre un varco nella materia.

E allora, anche i visitatori più diffidenti finiscono per emozionarsi davanti a “My boy”, una moderna “Pietà”; per inquietarsi con “Green Torso” o “Grasp”, che incarnano la tremenda precarietà dell’essere; per restare folgorati dalla bellezza di “Swimmer”, che nuota controcorrente tra conscio e inconscio. E non si può restare indifferenti a “Yellow”, l’opera più famosa di Sawaya: un torso d’uomo da cui zampillano pezzi di corpo. Oppure per “Blue guy sitting”, una sorta di “Pensatore” di Auguste Rodin che diventa simbolo dell’uomo contemporaneo. Fermo là in poltrona a rimuginare sulla propria fragilissima presenza nel mondo. Che si specchia anche di “Hands”, dove una figura inginocchiata vede sgretolarsi le proprie mani, e in “Disintegration”, con un corpo destinato a sfaldarsi lentamente.

Sawaya non smette di sperimentare, nonostante il successo ottenuto. Dimostra quanto duttili siano i mattoncini Lego creando repliche della Nike di Samotracia e della Sfinge, del David di Michelangelo e della Venere di Milo. Ma poi si ritrae in un mascherone tipo Isola di Pasqua, “Red face mask”, per scavare dentro le linee del proprio viso. E sfida i visitatori, spinti a visitare la mostra magari dalla notizia della sua collaborazione con la popstar Lady Gaga, a lasciarsi guidare da un’altra piroetta della fantasia. Nelle immagini raccolte sotto il titolo “In pieces”, infatti porta le sue sculture minimaliste dentro le fotografie di Dean West. Inventando storie che prendono vita davanti agli occhi di chi guarda. Come in una caccia al tesoro della creatività.

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