È una scelta azzeccata il ritorno della “Cenerentola” a Trieste
La “Cenerentola” di Gioachino Rossini è una di quelle opere che per molti, troppi anni è rimasta nell'oblio. Sino all'inizio degli anni 50 del secolo scorso nei cartelloni dei teatri Rossini era identificato in gran parte, se non esclusivamente, con “Il Barbiere di Siviglia”. Si deve a un grandissimo direttore d'orchestra italiano, Vittorio Gui, la "riscoperta" del lavoro rossiniano.
Anche il Teatro Verdi di Trieste non fece eccezione: scorrendo la cronologia delle stagioni balza all'occhio un buco di settanta anni in cui questo melodramma giocoso fu assente dal palcoscenico triestino. È infatti del 1951 la prima ripresa del XX secolo, con Giulietta Simionato nei panni della protagonista. Cenerentola rimane però un titolo poco frequentato alle nostre latitudini, forse perché un po' estraneo a quella sfuggente propensione del pubblico triestino per opere più vicine alla propria introversa indole caratteriale, quelle che manifestano sì grazia, ma anche una bella grattugiata di scontrosità.
Ma i tempi cambiano, la globalizzazione fa sentire la propria presenza anche a livello di proposte culturali ed ecco che solo in Italia nel primo semestre del 2016 “La Cenerentola”, opera un tempo negletta, rifiorisce e fa bella mostra di sé a Verona, Torino, Roma, Palermo e appunto Trieste.
Per questo ritorno al “Verdi” di “Cenerentola” si è scelto di importare dalla Greek National Opera di Atene un allestimento già rodato (ha aperto la stagione 2013), all'esordio in Italia. Scelta azzeccata.
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