Elio porta in scena al Rossetti “Il Grigio” «Come Gaber parlo ai maschi di ogni età»

l’intervista
Due serate con Elio al Rossetti, domani e martedì. Assicurazioni Generali offre alla città “Il Grigio” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini diretto da Giorgio Gallione, con Elio come protagonista. Dopo una prelazione riservata alle scuole e ai dipendenti Generali, ora i biglietti sono a disposizione degli interessati a 5 euro. Generali con il progetto Valore Cultura promuove l’arte e la cultura sul territorio nazionale, e trova nel Grigio lo spettacolo perfetto. «Sono felicissimo di tornare al Rossetti, il Teatro che mi ha ospitato con “La Famiglia Addams” - spiega Elio - e ci torno con uno spettacolo che è il risultato di un lungo assedio che Giorgio Gallione ha perpetrato nei miei confronti negli ultimi anni. Giorgio è un esperto e appassionato di Gaber. Ma io non conoscevo abbastanza Gaber e sapevo che “Il Grigio” era un monologo di due ore. Io sono un cantante, non un attore di prosa. Ma Gallione insisteva e allora ho chiesto che per venirmi incontro fossero inserite delle canzoni. E ora sono contento di avere accettato».”
Il grigio ha una storia che racchiude tutte le storie.
«Si parla principalmente di noi maschi. Gaber quando lo portò in scena nel 1988 aveva 50 anni e lo aveva incentrato sulla crisi dei cinquantenni. Io mi sento di dire che è uno spettacolo che parla ai maschi di ogni età».
Quali canzoni sono state inserite?
«Innanzitutto “L’impotenza”, “Verso il terzo millennio”, “I mostri che abbiamo dentro” che definirei azzeccatissima e “Il sosia”, una canzone poco nota anche tra i cultori che però rappresenta la sintesi dello spettacolo».”
Cantante adorato con Le storie tese, doppiatore, giudice di X Factor, e tanto altro. Lei ha fatto di tutto o manca qualcosa?
«Fin da piccolo sono stato sempre onnivoro. Sono curioso e ho avuto la fortuna di poter fare le cose che mi interessano».
Nel musical è stato protagonista di Spamalot, creato dai Monty Python.
«Quella è stata una delle cose più belle che ho fatto. Amo il surreale e i Monty Python. La sfida era portarlo in Italia anche a un pubblico che non ama quel tipo di umorismo. Sono molto rammaricato che non abbia avuto la chance di replicare anche l’anno successivo».
Lei canta lirica, musical e musica pop rock, e lo fa in Italia dove solitamente questi sono tre ambienti rigidi e distinti: come ha fatto a farsi aprire tutte le porte?
«Ho fatto studi classici quindi posso avvicinarmi all’opera grazie alla mia formazione. È vero che in Italia sono l’unico, a farlo. Il mio approccio al mondo dell’opera è stato con L’opera da Tre soldi di Kurt Weill in cui interpretavo Mackie Messer. Ma era un’opera moderna perciò poteva capitare che un non lirico ottenesse la parte. Col passare degli anni vedo che pian piano c’è maggiore apertura. Resto riconoscente a Berio che mi ha portato a teatro e alla sua idea di musica senza barriere tra i suoi generi. Classica, leggera, Jazz sono sempre musica».
Cos’è un artista oggi?
«Io credo che la musica sia un linguaggio universale. Ultimamente noto che la musica viene maltrattata dagli artisti stessi, che potrebbero fare tantissimo ma che non svolgano il loro ruolo come dovrebbero. È una critica non solo agli italiani, ma anche al resto del mondo». —
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