Gerard Butler, carrierista e papà assente

Da oggi in sala il dramma familiare firmato da Mark Williams
ROMA. Il sogno americano, quello incarnato oggi da Donald Trump, portato avanti con tutta la forza del giusto e pragmatico cinismo, e poi la paternità impossibile da vivere per quello stesso sogno. Tra questi due poli si sviluppa 'Quando un padre’ debutto alla regia di Mark Williams, in sala da oggi, con Dane Jansen (Gerard Butler) spietato cacciatore di teste, che per anni ha lavorato diciotto ore al giorno per dare alla sua famiglia la giusta ricchezza. E questo, ovviamente, a scapito della sua presenza in casa.


Perennemente in gara in un'azienda di ricerca del personale dove chi si ferma è un perdente e viene licenziato in poche ore, Dane ha come capo un vero e proprio squalo senza sentimenti (Willem Dafoe). Appena iniziata una gara, per la carica di vicepresidente, con la sua collega Lynn (Alison Brie), altrettanto cinica e senza scrupoli, a Dane cambia però d'improvviso la vita perché suo figlio Ryan (Max Jenkins) di dieci anni si ammala gravemente. A questo punto diventa tutta una questione di priorità. Cosa conta di più, il benessere per lui, sua moglie Elyse (Gretchen Mol) e i suoi figli o dedicare un po’ di tempo a quel figlio appassionato di architettura che ha sempre trascurato?


Un canovaccio, quello di 'Quando un padre’ non certo nuovo e che mescola il ritmo del capitalismo selvaggio e del mondo del lavoro con i sentimenti e la commozione. «Semplice, elegante, classico. Un film come si faceva una volta. Un dramma familiare che si scontra con i dilemmi esistenziali di ogni essere umano. L'obiettivo è sempre stato quello di rispettare i personaggi e il mondo in cui vivono» spiega il regista.


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