Gian Maria Volonté l’apprendistato triestino di un attore rivoluzionario

Mirko Capozzoli fu tra gli sceneggiatori del documentario del 2008 e ora firma un volume per l’editore Add: ritratto accurato dell’uomo che ha scandito gli anni più forti del cinema italiano 
GIAN MARIA VOLONTE
GIAN MARIA VOLONTE

il personaggio



A saperlo non sono in tanti, ma prima di diventare l'attore che tutti ricordano, interprete del miglior cinema italiano degli scorsi 50 anni, Gian Maria Volonté fu una delle figure di punta del Teatro Stabile di Trieste.

“Gian Maria si era imposto subito per quel suo modo di recitare, diverso dagli altri”. “Gian Maria era un attaccabrighe: appena poteva faceva a pugni, come fosse uno sfogo personale per mettere fuori le proprie ragioni”. “Gli altri seguivano ancora gli schemi della buona recitazione e della dizione perfetta: Gian Maria no, aveva schemi completamente suoi e si imponeva al pubblico”. “Era un attore politico, rivoluzionario”.

A ricordare quegli anni d'apprendistato, nella Trieste anni '50, sono Dario Penne (oggi doppiatore di star hollywoodiane) e Liliana Saetti (giovane attrice nell'allora intraprendente Teatro Stabile). I loro ricordi si intrecciano a decine e decine di altri nel libro, appena pubblicato, che si intitola semplicemente "Gian Maria Volonté". Biografia che apre un ventaglio di immagini, titoli, interviste, episodi pubblici e privati: il film di una vita. Tutto il suo cinema, ma anche il teatro, l'impegno in politica e nel sindacato, il suo carattere, i rapporti con le donne che gli sono state accanto. E anche con le altre.

Gli anni forti

Potrebbe davvero chiamarsi "Indagine su un cittadino di nome Volonté", questo libro. Se non fosse che quello è il titolo del bel documentario (2008) di Andrea Bettinetti: ritratto di un Volonté integro, politicamente impegnato, impulsivo, meticoloso e al tempo stesso sensitivo e fragile. Come dovrebbero essere sempre gli attori.

Alla sceneggiatura di quel documentario aveva collaborato Mirko Capozzoli, che ora, passati dieci anni, riversa tutta la sua esperienza e le sue conoscenze in un volume di oltre 300 pagine (Add Editore, pagg. 331, euro 19,00), che ne è il corollario indispensabile: biografia accurata e documentata sull'attore che con i suoi film ha scandito gli anni più forti del cinema italiano. Dall'esordio del 1960 sul set di "Sotto dieci bandiere" (regia di Duilio Coletti) ai provocatori, divertenti, pensosi, cialtroni, rivoluzionari e indimenticabili titoli che segnano l'albo d'oro del nostro cinema. "Un uomo da bruciare" (fratelli Taviani), "Il terrorista" (Gianfranco De Bosio), "Per un pugno di dollari" e "Per qualche dollaro in più" (Sergio Leone), "L'armata Brancaleone" (Mario Monicelli), "Banditi a Milano" (Carlo Lizzani), "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" (Oscar al miglior film straniero, 1970) e "La classe operaia va in Paradiso" (entrambi di Elio Petri), "Sacco e Vanzetti" (Giuliano Montaldo), "Sbatti il mostro in prima pagina" (Marco Bellocchio), "Il caso Mattei" (Francesco Rosi), "Todo Modo" (di nuovo Petri). Fino a "Il caso Moro" (Giuseppe Ferrara) e all'ultimo, fatale, "Lo sguardo di Ulisse" completato poi senza di lui (Theo Anghelopoulos).

Gli amici, le donne

A ripercorrere la storia di Volonté e la sua "vita contro" sono i tanti colleghi di lavoro e gli amici, ma soprattutto, in tre lunghe interviste (realizzate anche da Alejandro de la Fuente), le tre donne che in momenti diversi, lo hanno accompagnato. La prima moglie Tiziana Mischi, l'attrice Carla Gravina (da quella relazione è nata la figlia Giovanna), la film-maker Armenia Balducci.

Si parte, nelle prime pagine, dalla ricerca sulle origini torinesi di Volonté (e non meridionali, come potrebbe suggerire la sua fisionomia), primogenito nel 1933 di uno squadrista che mai rinnegò la fede nel Fascio. Ci si inoltra quindi nei 60 anni più intensi del cinema italiano - quello del neorealismo e dell'impegno, ma anche dell'indagine di costume e degli spaghetti western, poi quello del film d'autore - si arriva agli ultimi momenti della sua vita. Al pomeriggio del 6 dicembre 1994, quando a Florina, in Grecia, durante le riprese del film di Anghelopoulos, un attacco cardiaco mette fine a una carriera sempre vissuta nel segno della coerenza e della militanza, civile e comunista, agli antipodi del padre. La sera prima, mentre si ritirava nella stanza 206 dell'Hotel Lingos, aveva detto: «Domani ceniamo nella taverna che piace tanto a Mastroianni. A volte non c'è più tempo per un domani».

talento e istinto

Anche per la stagione 1958/59, trascorsa al Teatro Stabile di Trieste, le pagine del libro di Capozzoli sbalzano un accurato profilo d'attore. Fu Volonté a sostituire Domenico Modugno (da pochi mesi vincitore a Sanremo con "Nel blu dipinto di blu) in "La rosa di zolfo" al Teatro Nuovo in via Giustiniano. E sullo stesso palcoscenico le regie di Franco Enriquez lo impegnarono in "La bisbetica domata", "Molto rumore per nulla", "Questa sera si recita a soggetto". Fu ancora lui a "lanciare" da Trieste la prima edizione italiana di "L'ultimo nastro di Krapp" di Samuel Beckett.

Ricorda Francesca Benedetti, che era già stata sua collega d'apprendistato all'Accademia d'Arte drammatica di Roma: «Ho avuto la fortuna di assistere alla nascita di un talento formidabile, materiato di istinto sociale con la necessità di esprimersi artisticamente. Il mondo di Gian Maria era complesso e variegatissimo: la solitudine, il senso dell’orrore, la fragilità, l’onnipotenza; tutto racchiuso in un bellissimo ragazzo».—



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