Giuseppe Battiston: «Il Friuli rivive a Trieste»

Arriva al Teatro Bobbio di Trieste un doppio fuori abbonamento dedicato alla poetica di Pier Paolo Pasolini. Domani e sabato, alle 20.30, Giuseppe Battiston e Piero Sidoti porteranno sul palcoscenico “Non c'è acqua più fresca. Volti, visioni e parole dal Friuli di Pier Paolo Pasolini”, diretto da Alfonso Santagata e prodotto dal Css. Su drammaturgia di Renata M. Molinari prende forma il mondo rurale di Pasolini.
In una piazza a Casarsa si stanno preparando per una festa di paese; Battiston e Sidoti, mentre allestiscono il piccolo palcoscenico, ricordano le persone e i luoghi attraverso la realtà di Pasolini. Ci sono giovani, donne, poveri, contadini costretti ad andare in guerra. Il fluire delle parole crea una musicalità, indispensabile per far vivere il dialetto. E sono proprio le composizioni musicali di Piero Sidoti ad accompagnare le liriche friulane di Pasolini. Lo spettacolo si sposterà poi in giro per la regione: il 21 febbraio al Teatro Comunale di Monfalcone, il 22 al Teatro Benois De Cecco di Codroipo, il 23 al Teatro Pasolini di Casarsa e il 25 al Teatro Luigi Bon di Colugna. Tutte le date alle 20.45.
Giuseppe Battiston, cosa la colpisce della poetica di Pasolini?
«Mi sono concentrato sulle poesie in friulano – la sua prima produzione – perché sono in qualche modo vicine ai luoghi della mia infanzia e non soltanto a quella di Pasolini. Sono originario, da parte di mio padre, di quelle zone, per cui conosco molto bene i luoghi di cui parla Pasolini. L’aspetto interessante e bello è il paesaggio, questo mondo popolato da giovani pieni di speranze, pieni di vita; speranze che vengono brutalizzate dalla guerra e da altro».
Sarebbe auspicabile che i giovani si avvicinassero al teatro e a questo tipo di opere...
«Il teatro è legato strettamente a quella produzione lì, perché si riferisce al periodo della gioventù di Pasolini in cui lui insegnava a Casarsa ed era il promotore delle attività culturali. Organizzavano dei meriggi d’arte: degli spettacolini che portavano in giro per i paesi. Un altro aspetto interessante di Pasolini è proprio la sua vicinanza e la sua passione per le villotte. Con questo genere di spettacolo cercavano di portare allegria e divertimento in un momento e in un luogo che proprio allegri e divertenti non erano. Il fatto di vedere continuamente passare dei treni carichi di giovani che vanno a morire, che vanno alla guerra, c’è anche ne “La meglio gioventù”».
In un’epoca globalizzata, quanto è importante il dialetto?
«Pasolini fa una distinzione importante nell’introduzione, quando parla della differenza tra dialetto, lingua e stile. In realtà l’operazione che fa Pasolini è quella di elevare il dialetto a dignità di lingua. Lui sostiene che il dialetto, quando viene utilizzato per esprimere i sentimenti più alti del cuore, assurge a dignità di lingua, solo in questo caso diventa qualche cosa per comunicare. I dialetti hanno in sé la bellezza della sintesi, perché sono linguaggi semplici e in qualche modo ci collegano alla poesia delle piccole cose. Questo è un valore che difficilmente potrà essere superato dalle lingue ufficiali».
E le tradizioni?
«Non so quanto possano essere importanti, lo sono per chi le conserva. Le tradizioni hanno un valore se vengono conservate, recuperate, trasmesse; quelle fine a se stesse, fatte soltanto perché una volta si facevano, non so quanto possano avere senso adesso».
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